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Orrico Scaccabarozzi: un arciprete poeta
nella Milano del XIII secolo [sintesi del saggio pubblicato con il medesimo titolo in «Aevum», 76 (2002), pp. 325-368] Orrico
Scaccabarozzi, arciprete della Chiesa milanese dal 1261 al 1293 circa,
collaboratore dell’arcivescovo Ottone Visconti, attento alle realtà dei nuovi
Ordini religiosi, manifestò il proprio amore per la tradizione liturgica
ambrosiana componendo Uffici ritmici in onore della Vergine Maria e di alcuni
santi, conservati in un codice allestito dall’autore (Milano, Biblioteca del
Capitolo Metropolitano II.F.2.1 e Biblioteca Ambrosiana, P 165 sup.). Da
documenti di archivi di Milano se ne ricostruisce la biografia e si datano
alcune sue poesie.
Una raccolta di Ufficiature ritmiche in onore di santi composta da Orrico Scaccabarozzi fu pubblicata per la prima volta nel 1893 da G. M. Dreves nel volume XIVb di Analecta Hymnica Medii Aevi.[1] Dreves, coerente con le finalità dell’opera, si limitò a pubblicare i soli testi poetici, trascurando le orazioni. Ne sovvertì inoltre l’ordine originario, raggruppandoli in tre sezioni: Hymni, Officia, Missae. In un’ampia nota introduttiva, egli raccolse le scarse notizie biografiche sull’autore che potevano essere desunte dall’unico manoscritto che ne trasmetteva l’opera e dalle compilazioni del Muratori e dell’Argelati.[2] Un gruppo di pergamene conservate presso l’Archivio di Stato di Milano (già presso l’Archivio di S. Stefano in Vimercate e presso l’Archivio del Capitolo Maggiore del Duomo di Milano) permette di fissare con esattezza o buona approssimazione le tappe della sua carriera ecclesiastica, illuminando l’opera di un uomo che seppe agire con determinazione nell’ambito delle sue sfere d’influenza. Orrico Scaccabarozzi nacque probabilmente a Milano all’inizio del Duecento, da Algisio delle Cinque Vie[3] e Pietra di Ostiollo. La famiglia, di antica e provata nobiltà, annoverava tra i suoi avi personaggi che avevano ricoperto importanti incarichi politici in città e nelle vicinanze. Lo zio paterno Lanterio era canonico di S. Stefano in Vimercate, Ordinario della Metropolitana Milanese e canonico di S. Nazaro in Brolo. Lanterio dovette avere un ruolo fondamentale nella formazione culturale e religiosa del nipote, che ne seguì le orme. Nel 1252 lo stesso Orrico risulta membro del capitolo vimercatese, ma ignoriamo la data del suo ingresso fra i canonici. Pochi anni dopo, nel 1256, è prevosto di S. Nazaro in Brolo, a Milano, titolare di altri benefici nella diocesi e cappellano papale. Dal 1261 alla morte è archipresbyter Ecclesiae Mediolanensis. Nel 1286 figura anche come cappellano di S. Maria Podone, parrocchia di residenza della famiglia. Orrico Scaccabarozzi arciprete Il Capitolo Maggiore della Cattedrale assumeva nei casi di sede vacante parte del potere dell’arcivescovo. Il ruolo degli Ordinari, guidati dall’arciprete Scaccabarozzi, dovette quindi essere determinante anche nei primi anni dell’episcopato di Ottone Visconti, fino a quando l’arcivescovo non riuscì a prendere possesso della cattedra milanese, a quindici anni dall’elezione. Lo Scaccabarozzi appare in questi anni in qualità di arbitro in controversie sorte all’interno del clero della Cattedrale, come promotore di riforme disciplinari e come riordinatore delle finanze del capitolo. Attorno al 1269, forse dietro suo mandato, fu realizzato da Giovanni Boffa il cosiddetto Beroldus novus (Milano, Biblioteca del Capitolo Metropolitano, II.D.2.28), nel quale i testi liturgici contenuti nel Manuale Ambrosiano furono integrati con le istruzioni rituali raccolte un secolo prima dal cicendelario Beroldo. La fondazione dell’Ospedale nuovo Orrico Scaccabarozzi diede il proprio appoggio spirituale ed economico alla fondazione di un ospedale, chiamato Ospedale Nuovo o spedale di Donna Buona, dal nome della benefattrice che affiancò l’arciprete. A quest’ultimo gli Statuti dell’istituzione, fissati dal vescovo Ottone Visconti il 15 ottobre 1268, affidavano il controllo supremo dell’ospedale in caso di morte della fondatrice. Egli, del resto, fu tra i principali benefattori dell’ente, donando in più riprese terreni e somme di denaro. L’amicizia con il Cardinale Conte Casati e
la sua famiglia Durante l’arcipretura di Orrico
Scaccabarozzi fu arcidiacono nella Chiesa milanese Conte Casati, che intraprese
la carriera curiale sotto il pontificato di Innocenzo IV. Advocatus, divenne cappellano di Niccolò III ed esercitò
un’importante attività giuridica come auditor.
La sua carriera culminò con la nomina a cardinale titulo sanctorum Petri et Marcellini, il 12 aprile Scaccabarozzi e gli Umiliati I rapporti dell’arciprete con gli Umiliati sono testimoniati da suo intervento in alcune contese e dalla composizione nel 1282 di un ufficio in onore di s. Odelrico, dietro richiesta di fra Michele, preposto della Domus nova umiliata di Borgo ticino pavese.
Scaccabarozzi canonico di S. Stefano in
Vimercate Gli impegni legati alla carica di arciprete non impedirono a Scaccabarozzi di rimanere membro del capitolo di Vimercate e di essere presente alle riunioni dello stesso, come testimoniano documenti datati tra il 1262 e il 1290. Particolarmente interessante è il testo di due legati, datati rispettivamente 21 dicembre 1274 e 8 agosto 1276 (Milano, Archivio di Stato, Pergamene, cart. 613 n° 530 e n° 661): nel primo è nominato un ufficio in onore delle sante Sofia e figlie, composto tam in dictamine quam in cantu dallo stesso Scaccabarozzi, nel secondo sono menzionati altri uffici ritmici composti dall’arciprete per le feste dei santi Barnaba, Anna e Galdino. I due documenti permettono così di stabilire il terminus ante quem per la composizione di questi Uffici. L’ultimo documento in cui compare Orrico Scaccabarozzi porta la data 2 giugno 1293. L’arciprete morì probabilmente entro l’anno e venne tumulato in S. Francesco Grande, chiesa oggi scomparsa, che sorgeva dietro la Basilica di S. Ambrogio.
Orrico Scaccabarozzi è autore di diciannove Ufficiature ritmiche per feste di santi, due Uffici dedicati alla Vergine Maria e destinati alle solennità dell'Assunzione e della Natività, una Missa pro Terra Sancta composta delle sole orazioni per il celebrante e prefazio, dodici inni, antifone e responsori, probabilmente primi lavori in vista di opere cui l'arciprete intendeva dedicarsi e che non furono portate a compimento o che non ci sono pervenute. Tutti i testi sono conservati dal codice metropolitano II.F.2.1, tranne l'Ufficio in onore di s. Olderico, trasmesso da un manoscritto della Biblioteca Ambrosiana, il codice miscellaneo P 165 sup. 2.1 I manoscritti 1] Milano, Biblioteca del Capitolo Metropolitano, II.F.2.1 sec.
XIII2 area milanese. Membr., ff. I-162-I, ff. 1- Sono
riconoscibili le mani di tre copisti: A (ff. 1-134v), gotica italiana del sec.
XIII in inchiostro bruno chiaro; B (ff. 135-150v) gotica italiana dello stesso
periodo, in inchiostro nero, vergata con una penna dalla punta particolarmente
larga; C (ff. 151-162r), gotica italiana, in inchiostro nero, ancora sec. XIII,
più angolosa rispetto alle precedenti. Il
fascicolo 14 (ff. 109-110) è aggiunto e non è stato compilato dal copista A, la
grafia sembra piuttosto da accostare a quella della mano C (ff. 151-162). Si
incontra frequentemente nel manoscritto una scrittura più corsiva sempre della
stessa mano (= A?), che interviene nei margini e in fogli lasciati bianchi (si
veda tav. I). La tipologia delle aggiunte è varia: semplici nota bene o croci
apposti nei margini laterali, testi veri e propri. Sono presenti inoltre rinvii
interni e annotazioni che hanno tutto l'aspetto di progetti redazionali. Il
confronto con una sottoscrizione apposta dallo
Scaccabarozzi, come testimone, a un diploma di Ottone Visconti conferma l'ipotesi
che queste aggiunte siano autografe (tav. II). Tutti i fascicoli che compongono
attualmente il codice devono quindi essere stati compilati prima della sua
morte ed essere stati in suo possesso. La
prima sezione del manoscritto (fasc. 1-12, mano A) sembra essere stata
concepita come una compilazione unitaria; doveva presentare originariamente una
sola intestazione iniziale, di cui si conserva traccia nel margine superiore di
f. lv, e l'explicit di f. 102v: "Explicit liber officiorum quem compillavit
dominus Orricus Scacabarocius sancte Mediolanensis ecclesie archipresbiter et
prepositus basilice apostolorum seu ecclesie sancti Naçarii in Brolio
Mediolani". I fascicoli 13-17 (A), 18-19 (B) e 20 (C) contengono ciascuno
l'Ufficio per una sola festività. Notazione
musicale ambrosiana a punti collegati ai ff. 1-134 (stessa mano del testo).
Tetragramma con linea del Do in giallo e linea del Fa in rosso, chiave di Do e
di Fa, il Si bemolle è segnalato da una linea rossa, custos sempre indicato. L'ultimo
fascicolo (mano C) presenta una grafia musicale perfettamente quadrata, su
tetragramma a linee rosse. 1] ff. 1r-7v, Officium s. Galdini (AH
XIVb, 163; 183-186; 245)[5] 2] ff. 7v-14r, Officium s.
Barnabae (AH XIVb, 163; 186-189; 245-246) 3] f. 14v, Hymnus s. Barnabae (AH XIVb,
164) 4] f. 14v, Hymnus s. Iohannis apostoli et
evangelistae (AH XIVb, 164), Alius hymnus in eodem festo (AH XIVb, 164) 5] f. 14v, Hymnus de s. Thecla (AH XIVb, 165) 6] f. 15r, Hymnus s. Mathei apostoli et evangelistae (AH XIVb,
166) 7] f. 15r-v, In s. Petro martyre, hymnus (AH XIVb, 166) antiphona
ad
Magnificat (AH XIVb,
154), responsorium (AH XIVb, 155) 8] f. 15v, Hymnus s. Margaritae (AH XIVb, 167), Prefatio
de s. Margarita (inedito) 9] f. 15v, In ss. Nabore et Felice antiphonae (tre, di cui solo la prima edita in AH XIVb,
156) 10] f. 15v, In s. Victore antiphona (inedita)
11] ff. 16r-22v, Officium ss. Naboris et Felicis (AH XIVb, 167-68; 189-92; 246-47) 12] ff. 23r-29v, Officium s.
Annae (AH XIVb, 168-69; 192-95; 247) 13] ff. 29v-35v, Officium s.
Perpetuae (AH XIVb, 169; 195-97; 248) 14] ff. 35v-43r, Officium Assumptionis
Beatae Mariae Virginis (AH XIVb,
170; 198-200; 248-49) 15] ff. 43v-50r, Officium Nativitatis Beatae
Mariae Virginis (AH XIVb, 170- 71;
201-203; 249-50) 16] f. 50v, Hymnus in Annuntiatione sanctae
Mariae (AH XIVb, 171) 17] f. 50v, Hymnus s. Quirici (AH XIVb, 171) 18] f. 50v, In ss. Nabore et Felice antiphona (AH XIVb, 156, è la stessa che compariva, senza melodia, a f. 15v) 19] ff. 51r-58r, Officium s. Maurilii (AH
XIVb, 172-73; 204-206; 250-51) 20] f. 58r-v, Missa pro Terra Sancta (Tamborini, La Messa, 99) 21] f. 58v, In s. Nazario, in vesperis, antiphona in choro (AH XIVb, 156) 22] f. 59v, Prefatio in s. Francisco[6] 23] ff. 59r-66v, Officium s.Sophiae (AH
XIVb, 173-74; 207-209; 251) 24] ff. 66v-73v, Officium sanctarum undecim
milium virginum (AH XIVb, 174;
210-12; 251-52) 25] ff. 73v-81v, Officium omnium sanctorum (AH
XIVb, 174-75; 213-16; 252- 53) 26] ff. 82r-90r, Officium Beati Eustachii (AH
XIVb, 175; 216-19; 254) 27] ff. 90r-95v, Officium s. Clementis (AH
XIVb, 175-76; 219-22; 254-55) 28] ff. 95v-102r, Officium beatae Luciae (AH
XIVb, 176; 222-25; 255-56) 29] f. 102v, Responsorium s. Petri et Pauli (AH XIVb, 226, dove è applicato ai ss. Marcellino e Pietro) 30] f. 102v, In s. Laurentio antiphona (inedita) 31] f. 102v, In ss. undecim milibus
virginibus responsorium (inedito) 32] f. 102v, <In festo Ascensionis> antiphona (inedita) 33] f. 102v, In s. Gaudentio responsorium et
antiphona (Liber notitiae, 150B) 34] f. 102v, In s. Maria Magdalena, responsorium (Liber notitiae, 237A) 35] f. 102v, In omnibus sanctis, antiphona (AH
XIVb, 228), hymnus (AH
XIVb, 253) 36] ff. 103r-108v, Officium omnium Apostolorum
(AH XIVb, 225-28; 256), f.
109r, Hymnum "Apostolorum omnium" (AH XIVb,
176), f. 109r-v, Officium
omnium Apostolorum: orationes (inedite) 37] f. 110r, Lauda Syon salvatorem[7] (AH XIVb, L 584) 38] ff. 111r-117v, Officium beatae Margarite (AH XIVb, 167; 228-30;
257) 39] f. 117v-118r, In s. Quirico, ad
vesperum, antiphona (AH XIVb, 157) hymnus
(AH XIVb, 171), responsorium (AH XIVb, 157) 40] f. 118r, In ss. Petro et Paulo, ad
Vesperum, ant. in choro (inedita) 41] f. 118v, Hymnus s. Cristofori (AH
XIVb, 177) 42] ff. 119r-124v, Officium s. Silvestri
(AH XIVb, 177; 231-33; 258) 43] f. 124v, In ss. Nabore et Felice, antiphona in choro (AH XIVb, 156) 44] ff. 125r-126r, I due fogli contengono stesure di prova di brani che sono poi in parte confluiti nell'Officium omnium Apostolorum di ff. 103r-108v (sono editi solo i testi accolti nella redazione definitiva). 45] f. 126v, Gloria Patri 46] f. 126v, <In s.
Iohannis archiepiscopi> responsorium (variante di AH XIVb, 239) 47] f. 126v, In s. Margarita antiphonae (inedite) 48] f. 126v, Sequentia omnium
sanctorum (AH XIVb, 253) 49] ff. 127r-134v, Officium sanctorum martirum Marcellini et Petri (AH XIVb, 178- 233-36; 258-9) 50] f. 134v, Epistola domino Comiti Casati (AH XIVb, 158-59) 51] ff. 135r-142v, Officium sanctae Eugeniae
(AH XIVb, 179; 136-39; 159-60) 52] f. 142v, Ymnus s. Bernardi (AH XIVb, 179-80) 53] ff. 143r-150r, Officium s. Iohannis archiepiscopi Mediolanensis (AH XIVb, 180; 239-42; 260) 54] f. 150v, Antiphona (solennità non identificata, inedita) 55] f. 150v, In s. Laurentio
antiphonae (inedite) 56] ff. 151r-162r, Officium beatae Ursulae ("more romano", si veda AH XIVb, 174; 210-12; 251-52) 57] f. 162v, In beata Virgine Maria, antiphona (inedita) Il manoscritto fece il suo ingresso nella Biblioteca del Venerando
Capitolo del Duomo di Milano nel 1850. Il codice apparteneva alla biblioteca di
mons. Gaetano Oppizzoni, donata alla Biblioteca Capitolare dopo la sua morte.
Non sappiamo quasi nulla di ciò che accadde nel periodo che separa la stesura
del codice dal 1823, anno in cui entrò a far parte della collezione di mons.
Oppizzoni. Sempre il Dreves riporta alcune informazioni tratte dall'Argelati,
tra cui un passo del Muratori secondo il quale il codice si trovava allora
nella Biblioteca del Capitolo Metropolitano. Questi, nella Dissertazione sul
rito ambrosiano[8], si sofferma a trattare
dell'opera dello Scaccabarozzi ed afferma: Is enim anno 1280, uti ex eodem Codice constat, multa officia sanctorum
tam in dictamine, quam in cantu compilavit. Leguntur ibi eadem officia,
ut ex ipsius auctoris epitaphium, nempe: Orricus
dictus cognomine Scaccabarozzus Mediolanensis tunc archipresbyter Urbis, arca
de petra jaceo qui clausus in ista, sanctorum studui cum cantu scribere laudes,
nomina sunt quorum Nazarius atque Sophia et Marcellinus, Petrus, Maurilius,
Anna, etc. Dreves, non trovando all'interno del codice che stava consultando né
l'epitaffio che il Muratori dice avervi letto, né il ritratto dello Scaccabarozzi,
pensò che all'epoca dovesse esistere un altro testimone della medesima opera.
Un ritratto di Orrico che potrebbe corrispondere alla descrizione datane nelle Antiquitates
si trova in un fascicolo dell'Ambr. P 165 sup, ma dell'epitaffio e della
data 1280 nessuna traccia. Potemmo ipotizzare la perdita di uno dei fascicoli
che componevano allora il Liber, sul quale dovevano trovarsi i due dati
che non hanno riscontro tra quelli attualmente noti. 2] Milano, Biblioteca Ambrosiana, P 165 sup. misc.
sec. XIII-XV, membr. ff. II-41-II. Il
codice è fattizio, composto da sei unità mutile, provenienti da manoscritti di
diverso argomento ed epoca[9],
delle quali la seconda contiene l'Ufficio per s. Olderico, composto dallo
Scaccabarozzi. ff. 1r-21v <Martirologio milanese> , acefalo ff. 22r-29v <Orrico Scaccabarozzi, Officium beati
Odelrici> Incipit offitium beati Odelrici quod compillavit dominus
Orricus Scacabarotius Mediolanensis Ecclesie arcipresbiter tam in dictamine
quam in cantu. f. 30r-v <Ugo da San Caro, Expositio regulae
beati Augustini> Incipit expositio regule beati Augustini episcopi
edita a venerabili doctore Ugone cardinali de ordine fratrum predicatorum. ff. 31-35 <Pontificale (frammenti)> ff. 36-39 <Antiphonarium ambrosianum (frammento)> ff. 40-41 <Sacramentarium
ambrosianum (frammento: messa per il vescovo locale)> Fascicolo
24 (ff. 22-29)[10], mm.
277 x 185 (215 x 145), rigatura a piombo, 52 righe per foglio; il numero di
linee di testo per foglio è legato all'alternarsi di brani con melodia e testi
privi di musica; notazione musicale ambrosiana a punti collegati, tetragramma
con linea del Do in giallo e linea del Fa in rosso, chiave di Do e di Fa,
custos sempre indicato. Il fascicolo presenta le stesse caratteristiche dei
fascicoli 13-17 del codice Metropolitano e la sua realizzazione è da
attribuirsi al copista A. Anche nei margini di questi fogli è possibile
riconoscere la mano dello Scaccabarozzi. L'ultimo foglio del fascicolo è ornato
da un suo ritratto, in cui è raffigurato nell'atto di offrire a s. Odelrico la
propria opera[11]. Legatura
ottocentesca in pergamena su cartone, cornice impressa in oro con motivi vegetali.
Rimane ignota la provenienza dei frammenti che compongono il codice. Le Ufficiature ritmiche L’uso delle Ufficiature ritmiche è del tutto estraneo alla tradizione ambrosiana, mentre esse godettero di particolare favore presso gli Ordini mendicanti. Per questo motivo Michel Huglo pensò che Scaccabarozzi avesse tratto spunto dai Frati minori, con i quali intrattenne rapporti cordiali.[12] Gli Uffici composti da Scaccabarozzi seguono la struttura tipica della Liturgia delle Ore e della Messa ambrosiana. Tutti i testi poetici sono accampagnati da melodia, che Scaccabarozzi dichiara sempre originale: «Composui tam in dictamine quam in cantu». Nelle sue composizioni Orrico mostra di prediligere il verso di 8 sillabe, con cadenza proparossitona o parossitona, talvolta alternati a versi di 7 o 9 sillabe. Raro è l’utilizzo di versi di lunghezza inferiore o superiore, anche se troviamo uno schema in cui si alternano versi di 7 e 6 sillabe con cadenza rispettivamente proparossitona e parossitona. I brani sono composti prendendo come riferimento le leggende dei santi e le passioni dei martiri, i testi sacri, fonti patristiche. Talvolta Scaccabarozzi non compone ex novo tutti i brani di una nuova Ufficiatura, ma riutilizza versi suoi, già impiegati in un altro ufficio: si tratta per lo più di testi che non presentano legami coi dati biografici del santo cui è dedicato l’ufficio, cioè invocazioni, richieste di intercessione o brani in cui i santi vengono presentati con attributi generici. Un fattore che favorisce il riutilizzo dello stesso brano in uffici diversi è la presenza di affinità nelle vicende biografiche dei dedicatari, come accade per esempio per Eugenia e Margherita, entrambe vergini e martiri, o per i vescovi Galdino, Silvestro, Giovanni e Olderico. Alcuni testi vengono riutilizzati senza modifiche e conservano in tutti gli uffici la stessa funzione: si tratta di brani tematicamente condizionati dalla posizione che occupano (vicinanza di un cantico) o dall’azione liturgica che accompagnano (offerta, frazione, comunione). Gli uffici in onore di Nabore e Felice, Pietro e Marcellino e Olderico sono composti secondo il rito romano. La scelta è legata alla destinazione degli stessi: l’ufficio di Pietro e Marcellino fu dedicato al Cardinale Casati, quello per s. Olderico fu composto per una Domus umiliata. Per quanto riguarda l’Ufficiatura per Nabore e Felice possiamo formulare un’ipotesi a partire dai testi della prima antifona ai secondi Vespri e del Graduale della Messa, in cui i Frati minori sono detti hospites e custodes dei corpi dei martiri. Nel 1256 fu affidata ai Francescani la basilica dei Ss. Nabore e Felice, che mutò poi il suo nome in S. Francesco Grande e nella quale fu sepolto lo stesso Scaccabarozzi. E’ possibile quindi che la composizione di questo Ufficio fosse legata a questa importante circostanza. L’Ufficio in onore di s. Orsola è infine presente in redazione ambrosiana e romana. Il fascicolo che trasmette la versione romana ha caratteristiche paleografiche differenti dal resto del manoscritto, in particolare per quanto riguarda la notazione musicale, che è quadrata. Esso potrebbe quindi essere stato realizzato in ambito francescano e poi rilegato con i rimanenti. Anch’esso, come il resto del manoscritto, conserva tracce autografe dello Scaccabarozzi. Per quanto riguarda le rimanenti ufficiature, si può osservare che Scaccabarozzi scelse come soggetto per la propria poesia santi che, pur venerati a Milano, non appartenevano al canone del Santorale ambrosiano. Le motivazioni che lo portarono a comporre i singoli Uffici devono quindi essere cercate nei particolari della vita dell’autore. In appendice all’articolo sono pubblicati tre documenti:
Tav. I – Milano, Biblioteca del Capitolo Metropolitano, II.F.2.1, f. 66v, aggiunte marginali autografe di Orrico Scaccabarozzi. Tav. II – Milano, Archivio dell’Ospedale Maggiore, Diplomi, n° 400, sottoscrizione di Orrico Scaccabarozzi. [1] Analecta Hymnica Medii Aevi, hrsg. von G.M. Dreves, XIVb, Leipzig 1893, pp. 149-260. [2] L.A. Muratori, Antiquitates Italicae Medii Aevi, IV, Mediolani 1741, p. 936 e F. Argelati, Bibliotheca scriptorum Mediolanensium, II/1, Mediolani 1745, col. 1298b. [3] Le Cinque Vie si trovano presso la Chiesa milanese di S. Maria Podone, oggi Piazza Borromei. [4] Il campo scrittorio è di mm. 215x135 nei ff. 1-134 (fasc. 1-17), di mm. 215x145 nei ff. 134-150 (fasc. 18-19). [5] Nell'edizione Dreves sono stati separati in tre diverse sezioni inni, uffici e messe: nel riferimento da noi indicato il primo numero di pagina si riferisce all'inno o agli inni presenti nell'ufficio, il secondo ai testi dell'ufficio (responsori e antifone), il terzo ai canti della messa. In AH mancano i testi delle orazioni e dei salmi, che nel codice sono sempre indicati. [6] P. E. Bruning, Missa S. P. N. Francisci in liturgia ambrosiana, "Archivum Franciscanum Historicum", 20 (1927), 41-48: 46 per il prefazio. [7] La sequenza, opera di s. Tommaso d'Aquino, è l'unico brano di altro autore all'interno del manoscritto. [8] Muratori, Antiquitates, IV, dissert. 57, 936. [9] R. Cipriani, Codici miniati dell'Ambrosiana, Milano 1968 (Fontes ambrosiani, 40), 103-104; Inventario Ceruti dei manoscritti della Biblioteca Ambrosiana, IV, Trezzano sul Naviglio 1978 (Fontes Ambrosiani, 60), 474; M. Navoni-C. Pasini, Martirologio milanese, Milano 1996. [10] Pasini-Navoni, Martirologio, 33-34. [11] Riproduzione della miniatura: Storia di Milano, IV, 606. [12] M. Huglo, Fonti e paleografia del canto ambrosiano, Milano 1956 (Archivio ambrosiano, 7), p. 78. |
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