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Federica Peruzzo
PIETRO CASOLA EDITORE DI
LIBRI LITURGICI AMBROSIANI NEL QUATTROCENTO 1. Ecclesiastici editori nel
Quattrocento milanese Giovanni Antonio Sassi, nella Historia literario-typographica
Mediolanensis, tratteggia all’anno 1490 un breve ritratto dell’Ordinario
del Duomo Pietro Casola, mettendone in risalto il merito maggiore: «Petrus Casola, vir probitate et doctrina
per haec tempora clarus, illustrandae rei Ecclesiasticae, quae ad Ambrosianam
Ecclesiam pertinebant, animum, curamque omnem impendit, Divinique Officii tam
nocturni, quam diurni, Ordinem, quem Breviarium
appellant, iuxta morem S. Ambrosii, grandiori primum forma, dein etiam
exiliori charactere impressum hoc anno vulgavit».[1]
Prima di lui, già Possevino,[2]
Puricelli[3] e Picinelli[4] lo
avevano ricordato come benemerito nei confronti della liturgia ambrosiana. La fama del canonico è legata ad un impegno
nel campo editoriale unico nel suo genere, animato dal proposito di restituire
lustro alle celebrazioni della Chiesa milanese e di mettere a disposizione del
clero strumenti adeguati allo svolgimento delle celebrazioni. Nell’arco di un
decennio (1490-1499) Pietro Casola curò personalmente la revisione dei testi
del Breviario ambrosiano,
finanziandone due edizioni, apparse nel 1490 (Milano, Zarotto: IGI 2067; GW
5251) e nel 1492 (Milano, Zarotto: IGI 2068; GW 5252),[5]
che differiscono quasi esclusivamente per formato; fece stampare a proprie
spese le Litanie secondo l’ordine
ambrogiano (1494);[6]
scrisse un interessante trattatello a commento della messa, il Rationale cerimoniarum misse ambrosiane,
apparso a stampa nel 1499.[7]
In un arco di tempo leggermente più ampio si collocano i numerosi manoscritti
liturgici da lui compilati o commissionati, che per suo volere arricchirono le
biblioteche del Capitolo Metropolitano e della Basilica di S. Ambrogio, presso
le quali sono tuttora conservati.[8] L’opera di Casola si inserisce nel vivace
ambiente dell’editoria milanese, che aveva alle spalle una tradizione ormai
ventennale. L’atteggiamento critico degli intellettuali operanti in città si
esercitava sui testi classici, ma anche nello studio dei Padri della Chiesa,
nei confronti della Sacra Scrittura e dei testi agiografici. In questo campo la
pubblicazione del Sanctuarium di
Bonino Mombrizio (Milano, prima del 14.IX.1478; IGI 6690)[9]
rappresenta una straordinaria novità, in un quadro generale in cui l’agiografia
non sembra toccata dal fervore dell’umanesimo e appare sostanzialmente estranea
a un rinnovamento di tipo storico-critico.[10]
Il Sanctuarium riunisce le biografie
di 334 santi, disposte in ordine alfabetico, e le vite o passioni sono
trascritte fedelmente dalle rispettive fonti, senza alcun intervento
dell’editore.[11] Il
Mombrizio del resto poteva vantare una notevole esperienza, maturata nel campo
dell’insegnamento e di un’attività editoriale che abbraccia i settori più
disparati.[12]
Particolarmente interessante per valutare il suo atteggiamento nei confronti
del testo da pubblicare è il lavoro condotto intorno all’Elementarium di Papia: del vocabolario si ebbero quattro edizioni
tra il 1476 e il 1496, di cui la prima stampata a Milano.[13]
Gli studi condotti da Violetta De Angelis in preparazione all’edizione critica
dell’Elementarium hanno rilevato,
oltre ad integrazioni costituite da citazioni di testi greci o di recente
acquisizione, un intervento consistente da parte dell’editore milanese nelle
sezioni dedicate alle lettere X e Y, H e I: tutte quelle iniziali, cioè, che
coinvolgono termini greci entrati nell’uso latino e che prevedono
l’aspirazione. Nel testo di Papia il Mombrizio poteva riscontrare confusione
tra la lettera latina x e la χ greca.
Un problema simile presentava la lettera y
con la quale venivano traslitterate tutte le ι o υ iniziali, e talvolta
anche φ. La profonda revisione operata, che si precisa da un’edizione alla
successiva, rivela quindi un umanista interessato alle questioni ortografiche
ed estremamente aggiornato sull’opera dei contemporanei, come testimonia la
conoscenza del De orthographia di
Giovanni Tortelli,[14]
apparso a stampa per la prima volta nel 1471 (Venezia, Nicolas Jenson: IGI
9681; Roma, Ulrich Han e Simone Cardella: IGI 9682).[15] Se passiamo a considerare Anche alcune raccolte di
opere del santo patrono Ambrogio offrono informazioni interessanti sul metodo
di lavoro seguito dai curatori, che rivelano attenzione filologica al testo
pubblicato. L’edizione curata da Masello Venia in data compresa tra il 28 marzo
1476 e il 25 maggio 1477 (IGI 428, GW 1605)[19]
comprende l’Hexameron, il De Paradiso, il De Cain et Abel, lo
spurio Sermo de Adae et de arbore
interdicta, e si fonda parzialmente sul codice fatto allestire nel XII
secolo dal prevosto di S. Ambrogio Martino Corbo (ora Archivio di S. Ambrogio M
31 e M 35).[20]
L’editore collazionò il testo del Corbo con un altro esemplare, forse il
Monzese c-1/61, e completò grazie ad esso il testo del De Paradiso, mutilo alla fine.[21]
Di poco posteriori al Breviarium edito
da Casola sono due edizioni successive, apparse il 18 dicembre 1490 (IGI 424,
GW 1600)[22] e il
1 febbraio 1491 (IGI 425, GW 1601),[23]
rispettivamente a cura di Giorgio Crivelli e di Stefano Dolcino. Spirito
raffinato, il Crivelli fu sacerdote, ma non è nota la chiesa della quale fu
titolare. Stando alla testimonianza dell’Argelati, affiancava alla padronanza
della lingua latina, nella quale compose anche versi, la conoscenza del greco e
Gaudenzio Merula gli attribuì una versione latina dell’Iliade, in versi, di cui non rimane però alcuna traccia.[24]
La sua prima prova fu l’edizione di s. Agostino, De Trinitate e Retractationes,
insieme a s. Ilario, De Trinitate, Liber contra Constantium, Libri II ad Constantium, Liber contra Arianos vel Auxentium
Mediolanensem e Liber de synodis,
che apparve per i tipi di Leonhard Pachel in due emissioni, il 26 maggio e il 9
luglio 1489.[25] Il volume è preceduto da un’epistola
all’arcivescovo Guidantonio Arcimboldi,[26]
che fornisce alcuni ragguagli sul lavoro compiuto dal Crivelli: egli afferma di
aver trascritto le opere di s. Ilario di propria mano e di averle corrette per
quanto possibile, data l’impossibilità di disporre di un altro esemplare;
dichiara inoltre di aver deciso di non disporre le opere in ordine cronologico,
ma di aver anteposto il De Trinitate,
per la sua maggiore importanza.[27]
Per quanto riguarda invece il De
Trinitate di Agostino, è ipotizzabile che il Crivelli, pur non
menzionandole, abbia conosciuto l’edizione della stessa opera apparsa entro il Poco più di un
mese dopo apparve l’edizione curata da Stefano Dolcino,[32]
canonico di S. Maria alla Scala e allievo del Merula.[33]
Essa comprendeva le Epistole,
compresa Le edizioni di libri liturgici curate da
Pietro Casola condividono questa preoccupazione filologica. Tuttavia,
nonostante in tempi recenti Enrico Cattaneo abbia ribadito l’importanza
dell’opera del canonico, che testimonia «con le sue edizioni accurate (per quei
tempi) e i suoi manoscritti, la tradizione liturgica ambrosiana alla fine del
secolo XV»,[35]
l’attività editoriale di Casola è stata finora oggetto solamente di studi
parziali, condotti principalmente per la stesura di tesi di laurea e rimasti
inediti.[36] Poco
conosciuta è, del resto, anche la sua lunga vita, per la quale punto di
riferimento obbligato rimane la voce del Dizionario
biografico degli italiani.[37]
Per cercare di definire più in dettaglio la biografia sarà necessario
intraprendere nuove ricerche, prendendo in esame la documentazione conservata
non solo nei principali archivi milanesi (Archivio di Stato, Archivio Storico
Diocesano), ma anche negli archivi vaticani, nei quali possono trovarsi tracce
del suo lungo soggiorno romano. L’impresa è stata avviata qualche anno fa da un
gruppo di studio diretto da Giorgio Chittolini[38]
ed ha condotto alla pubblicazione di un cospicuo corpus di documenti relativi all’attività della Camera apostolica,
che permettono già di fissare con maggiore precisione le date della permanenza
di Casola in curia. Pertanto, in attesa di poter rivolgere la mia attenzione al
materiale conservato presso gli archivi di Milano, ho raccolto i dati forniti
dalla bibliografia disponibile e dalla scarsa documentazione conosciuta,
integrandoli con le nuove acquisizioni. 2. L’inizio della carriera ecclesiastica di Casola e il soggiorno a Roma Pietro Casola nacque nel 1427 da un’antica famiglia
milanese.[39] Della sua giovinezza e
della sua formazione culturale non sappiamo nulla, ma dovette abbracciare
presto la vita ecclesiastica.[40] Nel
marzo del 1452 fu nominato, per volontà dei patroni della cappella e con
ratifica dell'abate di S. Simpliciano, cappellano della cappellania di S.
Spirito e cinque piaghe di Cristo nella chiesa di S. Tommaso in Terramara e
nell’agosto dello stesso anno i vicini e parrocchiani lo elessero rettore della
chiesa di S. Vittore al Pozzo a Porta Ticinese.[41] Una decina di anni dopo si trasferì a Roma, al servizio degli Sforza. La prima attestazione della sua presenza nella città papale proviene da una lettera inviata al duca di Milano da Agostino Rossi, oratore ducale presso il pontefice,[42] in data 4 novembre 1465, nella quale si legge: «Ho mandato don Pietro Casola a parlare ad Ambroso da Cazago in presone, per inquisire da chi gli era dati gli avisi de li benefici che accadevano a vacare in quelle parti».[43] Il Casola doveva però trovarsi presso la corte papale almeno dal 1461, perché in una supplica rivolta ai duchi di Milano, non datata, ma da collocare con ogni probabilità dopo il 1 maggio 1477, egli dichiara di trovarsi a Roma da ormai sedici anni, a servizio dello Stato di Milano.[44] Il suo ruolo non è molto chiaro. Rossi Minutelli ipotizza che egli potesse svolgere mansioni di segretario della legazione milanese,[45] possibilità da non escludere, ma finora priva di conferme documentarie. La lettera del Rossi suggerisce un incarico legato alla complessa diplomazia che operava per la gestione dei benefici di provvista apostolica.[46] In 46 documenti camerali stilati durante il pontificato di Paolo II e Sisto IV[47] tra il 15 gennaio 1466 e il 16 marzo 1478[48] Pietro Casola compare infatti nel ruolo di procuratore di diversi membri del clero e di religiosi per il pagamento delle annate relative ai benefici di cui tali chierici o religiosi erano investiti nelle diocesi comprese nei territori del Ducato di Milano.[49] Gli atti conservati dai Libri
annatarum non permettono di delineare con maggiore precisione i suoi
compiti presso la corte papale. Pietro Casola non ebbe probabilmente solo la
funzione di procuratore, addetto al pagamento delle annate: in un documento del
25 giugno 1477 egli è qualificato con il titolo di sedis apostolice acolitus.[50]
I titoli che accompagnano il suo nome nei documenti permettono di conoscere i
benefici che gli furono conferiti in questi anni nella città di Milano,
nonostante egli continuasse a risiedere presso
La sua presenza a Roma è documentata ancora nel luglio e agosto 1471[58] e il 22 dicembre 1473, quando Iacopo Antiquario cedette nelle mani del pontefice, tramite il Casola, una cappellania sita presso l’altare di S. Giovanni Battista nella chiesa di S. Nicola di Arcola, in diocesi di Luni.[59] Egli compare anche in quattro documenti dell’anno successivo.[60] In due atti del 30 ottobre 1475 è ricordata la sua appartenenza al Capitolo canonicale della Basilica di S. Ambrogio in Milano.[61] In una serie di documenti concernenti l’attività del Capitolo di S. Ambrogio, compresi tra il 5 febbraio 1482 e il 17 agosto 1507, anno della sua morte, Casola è menzionato come canonico «residente e prebendato», talora in funzione di sindaco e procuratore del Capitolo o della soprastanzieria e della sacrestia della stessa chiesa.[62] Di poco posteriore all’ingresso fra i canonici di S. Ambrogio è quello nel Capitolo della Cattedrale milanese: benché il Catalogus Ordinariorum[63] della Basilica metropolitana ricordi il suo nome solo nel 1478, egli fu eletto dopo il 27 gennaio 1476,[64] come testimonia anche una lettera patente di Galeazzo Maria Sforza datata 13 novembre, conservata nel manoscritto Triv. 141;[65] in essa si concede al Casola, subentrato come ordinario a Masetto Crivelli,[66] il rinnovo di un contratto di affitto relativo ad un terreno della pieve di Arcisate, pertinente all'ordinaria.[67] Il 2 marzo dello stesso anno il Casola si obbligò al pagamento dell’annata relativa al canonicato e alla prebenda ottenuti nella Cattedrale: dal testo della registrazione sembra di intuire che erano già intercorsi tra il Capitolo Metropolitano e il Casola accordi che gli garantivano il possesso di un canonicato in caso di morte di un Ordinario. Si conserva infatti memoria di un mandato emesso in data 17 agosto 1473 affinché il Casola comunicasse l’ammontare delle rendite del canonicato impetrato[68] e pochi mesi prima egli era stato inviato a Roma dagli stessi Ordinari, con 112 ducati d’oro di camera, affinché sollecitasse la composizione di una vertenza in corso per la possessione di Borghetto Lodigiano.[69] Il 1 maggio 1477 ottenne per provvista apostolica un canonicato nella chiesa milanese di S. Stefano in Brolo,[70] vacante per la morte del titolare Ambrogio di Lomazzo. Sembra tuttavia che il Casola non abbia potuto godere subito neppure di questo beneficio, poiché nella stessa supplica ricordata a proposito della prepositura di S. Vittore in Corbetta, certamente posteriore al conferimento del canonicato in S. Stefano, egli lamenta che entrambi i canonicati siano occupati da due usurpatori, non idonei alla carica loro assegnata.[71] Il successivo 25 maggio, il Casola, momentaneamente residente a Parma, dichiarò davanti a notaio «ad aeternam rei memoriam et ut veritas in aperto semper elucescat» che i duchi di Milano, ad istanza di un certo Olivo di Lomazzo, gli avevano ingiunto di rinunciare al canonicato e alla prebenda di S. Stefano a favore dello stesso Olivo, «licet alias iuste et canonice a Summo Pontifice obtinuerit canonicatum et prebendam ecclesie Sancti Steffani in Brolio Mediolanensis, qui vacaverant per obitum nunc quondam Ambrosii de Lomatio». Costretto da ripetute minacce, il Casola si piegò suo malgrado alle ingiunzioni dei signori, proponendosi di chiedere nuovamente giustizia in un momento più propizio.[72] In data 25 giugno 1477 i Libri Annatarum di Sisto IV registrano l'obbligazione per il pagamento dell'annata relativa al beneficio di S. Stefano in Brolo,[73] tuttavia l’opposizione del Lomazzo non dovette venir meno: nel resoconto della visita pastorale, compiuta il 29 marzo 1492 dall’arcivescovo Guidantonio Arcimboldi nella chiesa di S. Stefano, Pietro Casola non è registrato tra i canonici, mentre vi compare Olivo di Lomazzo, che dichiara «quod habet titulum sui canonicatus auctoritate apostolica».[74]
A partire dal 1478 la presenza
di Casola a Roma si fa più sporadica: compare in due documenti del medesimo
anno[75]
e infine in un atto del 19 settembre 1482.[76]
Data infatti a quegli anni il suo ritorno definitivo nella città di origine.
3. Il rientro di Pietro Casola a Milano l’inizio dell’attività editoriale Rientrato a Milano, Casola fu coinvolto, tra il 1478 e il Pietro Casola fu anche chiamato, in quegli anni, a dirimere alcune controversie che coinvolgevano altri ecclesiastici: entro il 20 aprile 1479 ricevette da Sisto IV il compito di risolvere, insieme all’ordinario Gentilino Del Maino[81] e a Sisinnio da Vimercate, prevosto della chiesa dei SS. Sisinnio, Martirio e Alessandro di Brivio, una causa pendente tra due aspiranti al priorato di S. Maria di Barro, nella diocesi di Novara.[82] Del 1481 è invece un arbitramento di Pietro Casola e Gentilino Del Maino, entrambi canonici ordinari, riguardante i compiti e gli obblighi del cimiliarca della Metropolitana, che vengono precisati sulla base delle consuetudini della Chiesa milanese, in seguito ad una contesa sorta tra il cimiliarca stesso e il Capitolo Metropolitano.[83] Il suo nome appare inoltre tra quelli dei Deputati della Fabbrica del Duomo negli anni 1481, 1492, 1496, 1502, 1503 e 1504.[84] Gli anni milanesi sono legati indissolubilmente all’impegno profuso nell’ambito degli studi liturgici, a partire dalla monumentale edizione del Breviarium ambrosianum apparsa nel 1490 e riproposta a distanza di due anni in formato ridotto. Il 22 aprile 1494, prima di intraprendere un viaggio alla volta di Gerusalemme, licenziò una singolare edizione delle Litanie secondo l’ordine ambrogiano, in cui i testi latini usati durante la celebrazione delle Litanie triduane sono accompagnati, per la prima volta, da rubriche in volgare. Al suo ritorno, forte anche delle conoscenze sugli usi orientali apprese durante il pellegrinaggio,[85] compilò il Rationale cerimoniarum misse ambrosiane, nel quale indicò le norme che dovevano regolare la celebrazione della messa e ne commentò le diverse parti. La documentazione finora edita lascia completamente in ombra i contatti che egli ebbe con intellettuali dell’epoca, sia durante il lungo soggiorno presso la curia pontificia, sia nella città di Milano. Rimane così oscuro il retroterra sul quale poté formarsi questa sua attitudine allo studio della liturgia ambrosiana, maturato certamente in relazione al suo stato ecclesiastico, ma condotto con un rigore e un’attenzione alle fonti che appaiono in una certa misura innovativi. Vale comunque la pena di ricordare che nel periodo in cui Casola soggiornò a Roma, la capitale pontificia visse una stagione felice dal punto di vista editoriale, simboleggiata in modo efficace dall’intensa collaborazione che Giovanni Andrea Bussi avviò con i tipografi tedeschi Sweynheym e Pannartz.[86] Per quanto riguarda invece il periodo milanese, possiamo almeno avanzare l’ipotesi che egli frequentasse i capitoli di cui era membro, in particolare i collegi gravitanti intorno alla Cattedrale e alla Basilica di S. Ambrogio. Non è escluso che tra gli Ordinari del Duomo e i canonici di S. Ambrogio si contassero, come già in anni precedenti, personalità di un certo rilievo e di solida cultura, ma si tratta di un settore ancora in gran parte da esplorare. Infine, anche l’officina di Antonio Zarotto, della cui collaborazione Casola si avvalse ripetutamente, poté giocare un ruolo fondamentale come luogo di incontro: tra coloro che contribuirono alla revisione dei testi che lo Zarotto si accingeva a pubblicare si contano letterati di chiara fama, tra i quali ricordiamo almeno Cola Montano,[87] Gabriele Paveri Fontana,[88] Alessandro Minuziano,[89] Francesco dal Pozzo,[90] Pietro Giustino Filelfo[91] e il già menzionato Stefano Dolcino.[92] 4. Il viaggio di Pietro Casola a Gerusalemme e i suoi ultimi anni Grazie al minuzioso diario che lo documenta, il pellegrinaggio in Terra Santa, compiuto nel 1494, è il momento più conosciuto della sua lunga vita.[93] Casola ricevette la benedizione dell’arcivescovo Guidantonio Arcimboldi il 14 maggio, terzo giorno delle Litanie triduane, e lasciò Milano il giorno successivo. Dopo aver sostato a Caravaggio, Calcio,[94] Brescia, Lonato,[95] Peschiera, Verona, Vicenza e Padova, il 20 maggio giunse a Venezia. Qui dovette attendere due settimane la partenza della Galea del Zaffo, diretta a Gerusalemme, e approfittò del tempo a disposizione per visitare la città in compagnia del frate Francesco Trivulzio,[96] giunto a Venezia qualche giorno prima di lui. Finalmente il 4 giugno i pellegrini poterono imbarcarsi. Il viaggio di andata durò due mesi, durante i quali ai pellegrini e all’equipaggio occorsero varie disavventure: la galea si incagliò in una secca e dovette superare diverse tempeste, durante lo scalo a Candia furono sorpresi dal terremoto e mentre sostavano a Cipro ebbero notizia di possibili agguati da parte di pirati.[97] La galea giunse a Giaffa il 17 luglio, ma le perpezie dei pellegrini erano solamente incominciate: i Mori cercarono infatti in tutti i modi di ostacolarne lo sbarco per estorcere denaro, finché il 1 agosto, dopo estenuanti trattative condotte dal patrono della galea, Agostino Contarini,[98] e dal Padre Guardiano del Monte Sion, Francesco Suriano,[99] i pellegrini poterono iniziare il loro itinerario in Terra santa, scortati dai Mori. Essi raggiunsero dapprima Rama (oggi Ramla), dove furono alloggiati in un luogo tenuto dai frati del Monte Sion, poi la città di Gerusalemme. Da Gerusalemme ebbero la possibilità di spostarsi a Betania e Betlemme e di raggiungere il Giordano. La visita ai luoghi santi si svolse tra il 5 e il 18 agosto, quando Casola e i suoi compagni ripresero la via per Giaffa.[100] Superate nuove difficoltà, la galea riprese il mare il 26 agosto, ma il viaggio di ritorno fu funestato dalla morte di alcuni pellegrini, fra i quali il predicatore francescano Francesco Trivulzio, con il quale Casola aveva stretto particolare amicizia. Il rientro a Venezia avvenne solo alla fine di ottobre.[101] Il Casola si fermò ancora alcuni giorni in città e concluse il suo pellegrinaggio, rientrando a Milano a piedi dalla Cascina di Rottole il 14 novembre, poco dopo l’ingresso in città di Ludovico il Moro.[102] Il nome del Casola è registrato fra quelli degli ordinari fino al 1504 e nel 1502 egli appare insignito della dignità di decano.[103] Le ultime notizie circa la sua vita riguardano una donazione all'Ufficio della Pietà dei poveri di Cristo, divenuto poi il Pio albergo Trivulzio, da lui effettuata nel 1506;[104] il 13 ottobre dello stesso anno dotò inoltre una cappella della basilica metropolitana di 80 lire annue, con l'impegno per gli Ordinari di cantarvi la messa conventuale.[105] Morì nella sua parrocchia il 6 novembre 1507,[106] all'età di 80 anni, «ex gattarro prefocante», assistito dal medico personale di Ludovico il Moro, Ambrogio Varese di Rosate.[107] Fu sepolto in Duomo, come documenta una lettera di Giovanni Pietro Visconti a Giovanni Andrea Vimercati, allora protonotario apostolico e successore del Casola nella carica di ordinario.[108] Il suo annuale veniva celebrato dagli ordinari il 5 gennaio, come si evince da un registrum annualium e da un Libro degli Annuali conservati presso l’Archivio di Stato di Milano.[109] 5. L’edizione
del ‘Breviarium ambrosianum’ del 1490 Dopo il suo rientro da Roma,
Pietro Casola si dedicò ad un’intensa attività di promozione della liturgia
ambrosiana. La sua opera assunse immediatamente una fisionomia ben precisa,
proponendosi un fine ambizioso: porre rimedio all’ignoranza del clero e opporre
ai detrattori del rito ambrosiano validi argomenti che li facessero recedere
dalla loro posizione critica. Tali intenti sono esplicitamente dichiarati nelle
lettere poste a prefazione delle due edizioni del Breviarium[110]
e del Rationale cerimoniarum misse
ambrosiane[111] e tornano con particolare insistenza e
vigore proprio nel testo di quest’ultimo trattatello.[112] Il canonico esordì con
un’imponente edizione del Breviario
ambrosiano, apparsa a Milano, per i tipi di Antonio Zarotto, il 1 aprile
1490. E’ la quarta edizione del Breviario
della Chiesa milanese. La prima era apparsa nel 1475, ad opera di
Cristoforo Valdarfer (IGI 2065; GW 5249); la seconda, priva di riferimenti
tipografici, è da collocare intorno al 1477;[113]
la terza, stampata nel 1487 da Iacopo Sannazaro della Riva presso la canonica
di s. Ambrogio, fu curata dall’ordinario Gentilino del Maino.[114]
Il Breviario di Casola si differenzia
dai precedenti fin dal formato: è infatti l’unico in folio nella storia del Breviario
Ambrosiano a stampa.[115] Breviarium ambrosianum. Milano, Antonius Zarotus, Kal. Apr. [1 Aprile] 1490,
2° (mm 230 x 325).[116]
Ed. Petrus Casola.[117] 320 fogli. Segnature: a8 a8-z8
(et)8 (con)8 (rum)8 A8-I8
k8 L8 L6 A10. Numerato: [8] I-CCCII [10]. 2 colonne di 43 linee. Carattere
4:110G. Stampato in nero e rosso. (Tav. VI e VII) F. Ir, con segnatura a: Prima dies nona fit iani
scorpius hora ║... lin. 4, rosso: Ianuarius
habet dies xxxi. luna xxx. ... f. VIIr: Dignissimo
atque omni reuerentia uenerando Pape. Guidoni Antonio. ║Archimboldo
Mediolanense Archiepiscopo. Petrus casola Mediolanensis ecclesie. Cano║nicus
ordinarius indignus s. d. ║ ... lin. 9: ...
Nam primum quidem ego ║ atque hi qui ante me Impresserunt diuersa spectauimus. Illi enim so║lum iter agentibus consuluisse uidentur: qui minutissimis
notulis et uolumine admodum ║ breui ... imprimi curauerunt: quod ... ║ ...
ebetioribus certe oculis incommodum est. ... lin. 16: ... Nos caliganti etiam etati prouidimus. ... f. VIII bianco. F. 1r α con
segn. a, rosso: In
nomine sancte ║ et indiuidue ║ trinitatis ║ Incipit offi║tium dicendum ║ per
totum an║num: iuxta insti║tutionem sanctissi║mi doctoris ║ et patris no║stri
Ambrosii. Et quia breuiarium si║ue manualle secundum institutionem predi║ctam:
inchoatur in uigiliis sancti Martini: ║ideo primo ponetur ordo uesperorum ║ ...
F. 2v α, lin. 37, rosso: Nunc sequitur manuale: ad
laudem domini ║ nostri iesu christi. et primo in uigiliis sancti ║ martini
episcopi turonensis. ad ue║sperum lucernarium. Nero: Lux orta est. ... lin.
43, rosso: ... Hymnus. ║ β lin. 1,
nero: [8]Ellator armis ║ inclitus: Marti║nus actu nobi║lis: ... Termina a f. 302r β, lin. 34: ... Da ut
║ cuius dulci commemoratione letamur: ║ eius pia intercessione ab instantibus
malis ║ et a morte perpetua liberemur. Per ║ eundem christum dominum nostrum. rosso: R. Nero: Amen. ║ Rosso: FINIS.
║ F. 303r α, con segn. A: [2]Ic
ad maiorem deuocionem promouenda: ponitur speculum matu║tinalis offitii: Iuxta
morem beatissi║mi Ambrosii. Et ne careat auctori║tate: editum fuit a beato
Theodoro ec║clesie Mediolanensis presule Matuti║num igitur ut supra sepe dictum
est: Incipi║tur a uersu. Deus in adiutorium meum ║
intende ... Termina a f. 310v α, lin.
23: ... de
quo ║ Iohannes in apocalipsi sua dicit. ║ Quatuor animalia requiem non ha║bent
dicentia sedentis super thronum. ║Sanctus et cetera. ║FINIS.
║Hoc opus impressum fuit in Ciuita║te Inclyta Mediolani: Per An║tonium Zarotum
Parmensem: ║Anno salutis christianorum. M.cccc║lxxxx: In Kalendis Aprilis ║ Sub
Illustrissimo Principe Ioan║ne Galeazio: Duce Mediolani: ║ Sexto: foelicissimo.
║Deo Gratias Amen. ║F. 311 e f. 312
bianchi. Contenuto: F. Ir:
Kalendarium - VIIr: Epistola
Guidantonio Archimboldo - 1r:
Rubricae - 2v: Proprium Sanctorum et Proprium de Tempore hiemale [118]- 111r:
Commune dominicarum et feriarum - 120r
Horae minores - 124v: Epistolellae
per annum - 133r: Officium
defunctorum - 135v: Officium parvum
beatae virginis Mariae - 137v:
Benedictiones ad lectores - 139r:
Psalterium-Hymarium - 176v: Commune
Sanctorum - 183r: Proprium de Tempore
aestivum - 268v: Proprium Sanctorum
aestivum - 297r: Orationes de novo
additae - 300r: Hymni - 301v: Officium Transfigurationis- 302v: Pater noster, Ave Maria, Salve Regina - 303r: Speculum matutinalis officii ambrosiani. GW
5251, IGI Esemplari conosciuti: [119] Milano,
Arch. Storico Diocesano, Atti
circa i sacri riti, sez. VII-B, vol. 9; Milano, Ambr., Inc. 2002 (perg.),
Inc. 2025 (perg.),[120]
Inc. R 457; Milano, Capitolo Metropolitano, II.G.1.8, II.G.1.9, II.G.1.10;
Milano, S. Ambrogio, Inc. XV/3 (9) (perg.);[121]
Milano, Triv., Inc. A 99;[122]
Monza, Bibl. Civica; Parma, Bibl. Palatina; San Daniele del Friuli, Bibl.
comunale. Il revisore introduce alcune innovazioni, che
rendono l’edizione particolarmente interessante. Cattaneo aveva sottolineato
l’importanza del lavoro condotto da Casola, ricordando che proprio nel Breviario del 1490 troviamo per la prima
volta un corpus completo di rubriche
e che le lezioni vi sono riportate secondo l’autentica tradizione ambrosiana.
Lo stesso Casola, del resto, professa il proprio impegno per far sì che quanto
pertiene l’ufficio divino sia restituito alla lezione genuina, affinché la
liturgia ambrosiana riacquisti la propria dignità e non sia più fatta oggetto
di scherno: Non igitur mihi arrogo que supra vires meas
sunt, sed ingenue fateor nulli me labori, nulli solicitudini ut ad veritatem
accederem pepercisse. Quin etiam amicorum omnium quos ad id arbitratus sum
idoneos ingenium, doctrinam, studium exercui, libros eorum evolvi, sententiam
requisivi, nihil apposui, nihil resecavi, nihil immutavi nisi ex eorum
sententia et antiquorum voluminum fide, nihil denique pretermisi ut ad veram
lectionem redderetur, ne hec orandi
institutio que alioquin probatissima est, ista confusione, id quod sepe factum
est, rideatur.[123] La
lettera con Quamquam ego ad huius operis castigationem
non mea solius industria aut iudicio contentus fui, sed, collectis undique
antiquissimis codicibus indubitate fidei quotquot reperire potui, et eos maxime
qui in ecclesia cathedrali, ipsa antiquitate venerabiles velut archetypi,
reservantur, qui non modo integram incorruptamque hanc orandi institutionem,
sed rationem quoque cerimoniarum quantum ad id pertinet et quid quibus
temporibus quibusque modis dicendum sit docent, adhibitis praeterea sepe in
consilium venerabilibus sacerdotibus, quorum doctrina et continuus in re divina
usus cunctis exploratum erat, quanta potui cura et diligentia correxi.[126]
Il
confronto tra questa edizione e le precedenti rivela scelte differenti rispetto
a quelle compiute dai suoi predecessori. Il suo Breviarium presenta un’organizzazione delle parti diversa. Se si
osservano i Manuali e Breviari ambrosiani manoscritti[127] è possibile riconoscere in essi una
struttura che potremmo definire a blocchi paralleli e che si mantenne in una
certa misura costante fra XI e XV secolo, arrivando fino ai primi Breviari ambrosiani a stampa: in questi
troviamo all’inizio Caledario, Salterio e Innario, seguiti dal ciclo completo
dell’anno liturgico, nel quale si alternano Proprio dei Santi e Proprio del
Tempo. Subito dopo si trovano i formulari[128]
comuni per le feste di santi e il Proprio delle domeniche post Pentecosten. Seguono il Comune delle ferie e i testi comuni e
propri per le ore minori.[129]
Casola
opta per una soluzione diversa: Calendario ed istruzioni per la recita
dell’ufficio, pars hyemalis (Santorale
e Temporale alternati), commune
dominicorum[130] et feriarum, Salterio e Innario, Comune
dei santi, formulari per le ore minori, epistolelle comuni e proprie, ufficio
per i defunti, il piccolo ufficio quotidiano per la beata vergine Maria e
benedizioni ai lettori, infine la pars
aestiva (Proprio del Tempo e Proprio dei Santi separati). Le diverse
sezioni del Breviario sono quindi
disposte da Casola attorno al nucleo constituito da Salterio e Innario, nel
quale si trovano i testi che costituiscono l’ossatura dell’ufficio. La parte
centrale del volume contiene così tutti i brani che venivano letti
quotidianamente o con maggiore frequenza rispetto ad altri. E’ probabile che
sulla sua scelta, che risponde ad un criterio eminentemente pratico,[131]
abbia influito l’esempio dei Messal ambrosianii, nei quali l’ordinarium missae è posto in genere prima delle domeniche post Pentecosten. Le indicazioni fornite dal canonico sono
esemplari per chiarezza espositiva[132]
e colmano una grave lacuna. Casola si era reso conto dell’urgenza di una
compilazione simile, quando, consultando i libri allora disponibili, aveva
scoperto in essi la quasi totale mancanza di istruzioni pratiche, che
permettessero a chierici e religiosi di comprendere pienamente ciò che si
accingevano a celebrare e a svolgere dignitosamente il proprio ufficio:[133]
grazie alle sue rubriche chi si accingeva alla recita dell’ufficio divino aveva
a sua disposizione norme precise e schemi cui ricorrere come modello e dai
quali attingere le parti che mancavano nel Proprio del Tempo e dei Santi. Casola non si preoccupò solamente di dare
alle stampe un volume più funzionale e provvisto di istruzioni precise per il
celebrante, ma si interrogò anche sui contenuti dell’ufficio. I dati più
evidenti che emergono dal confronto con le edizioni a stampa precedenti sono
l’introduzione di un ciclo completo di letture bibliche per il Mattutino dei
giorni feriali e la riduzione del numero di uffici propri inclusi nel
Santorale, soprattutto rispetto all’edizione curata da Gentilino Del Maino nel
1487. La presenza di letture per il Mattutino non è
una novità assoluta, ma anche in questo caso il Breviario di Casola rivela una riflessione attenta sul materiale
disponibile. Le letture bibliche per il Mattutino compaiono solamente in alcuni
Manuali e Breviari manoscritti del XV
secolo (Milano, Cap. Metrop. ii D
3-6, ii D 5-18, ii E 3-31, Ambr. G
1 sup. e + 56 sup.), che non presentano però sempre gli stessi testi per le
medesime celebrazioni, segno evidente della mancanza di una norma in materia.
Il problema era stato messo in rilievo anche dalla Constitutio archiepiscopalis emanata nel 1440 dall’arcivescovo
Francesco Pizolpasso.[134]
Il documento permette di conoscere uno degli abusi introdottisi nella prassi
corrente: le letture per il Mattutino erano sostituite con le più brevi
epistolelle. La prima edizione del Breviario
ambrosiano (1475) mostra di ignorare le prescrizioni arcivescovili, mentre
le successive (1477 ca. e 1487) cercano di proporre una soluzione. Viene
offerto un ciclo completo di letture patristiche per le domeniche e solennità
del Signore, per le feste in onore di Maria, per I criteri che guidarono Pietro Casola nella
compilazione del Santorale non sono altrettanto chiari. Il nucleo più
consistente è costituito da formulari già attestati nel Manuale di Valtravaglia, del sec. XI. Più difficile è comprendere i
motivi per cui furono incluse o escluse feste introdotte in epoca successiva.
Casola sembra rifiutare, in linea di massima, formulari scarsamente attestati
nei manoscritti (salvo includere testi propri per s. Scolastica, assenti nei
codici esaminati) o introdotti in epoca recente, feste istituite per
particolare devozione dei signori di Milano o per commemorare eventi politici.[138]
Accoglie invece, ed è un dato interessante, testi ritmici estranei alla
tradizione ambrosiana: l’ufficio per s. Galdino è interamente costituito, per
le parti proprie, da brani provenienti dall’Ufficiatura ritmica in onore del
santo arcivescovo composta da Orrico Scaccabarozzi;[139]
allo Scaccabarozzi Casola attribuisce anche i testi propri degli uffici per s.
Radegonda e s. Bernardo, non ritmici e che non risultano fra le opere note
dell’arciprete.[140]
La riduzione del Santorale non fu un’operazione indolore, ma Casola dimostra
anche in questo caso un notevole equilibrio: raccoglie alla fine del volume
(ff. 297r-302r) orazioni per feste non incluse nel Santorale e alcuni inni
propri e lascia il celebrante libero di utilizzarli in alternativa ai formulari
comuni. Infine Casola intervenne anche sulla serie di testi che compongono i singoli formulari, operando ancora una volta scelte spesso diverse rispetto alle edizioni precedenti. Certamente le innovazioni introdotte rendono il suo Breviarium uno strumento completo e funzionale, in grado di garantire la pariformitas in orando et unitas in legendo auspicata dal Pizolpasso.[141] Coerente con il proposito di favorire la
comprensione della liturgia da parte del clero è la proposta, in appendice al Breviario (ff. 303r-310v), di un commento
allegorico all’ufficio di Mattutino, lo Speculum
matutinalis officii ambrosiani. Il trattatello, attribuito dalla tradizione
al vescovo Teodoro (sec. XIII in.), è in realtà databile attorno al secolo X e
si inserisce nella tradizione delle esposizioni dell’ufficio divino inaugurata
da Amalario con il De officiis, dal
quale sono frequenti le citazioni.[142]
Lo Speculum descrive la celebrazione
di Mattutino officiata dal clero ordinario della Cattedrale milanese.[143]
Il significato spirituale dei gesti compiuti e dei brani cantati dai diversi
ministri è illustrato facendo riferimento alla Sacra Scrittura e alle opere dei
Padri della Chiesa. Di tanto in tanto sono offerte alcune informazione circa
l’origine di alcuni usi liturgici: il canto antifonato,[144]
la proclamazione delle letture,[145]
l’uso di sedere durante la proclamazione delle stesse e il canto del responsorio.[146] L’idea
del Casola non è del tutto originale: Cattaneo segnala infatti che lo Speculum era già apparso in appendice al
Breviario curato pochi anni prima da
Gentilino Del Maino, con il titolo Rationale
divinorum officiorum, nel quale si riconosce una chiara allusione all’opera
omonima di Guglielmo Durando.[147]
Del Maino ne aveva però offerto una redazione abbreviata, dalla quale erano
stati espunti tutti i riferimenti alla liturgia cattedrale propriamente detta.[148]
Casola invece ritenne opportuno proporre il testo nella sua interezza, perché
il lettore avesse la possibilità di meditare tutto e ritenere ciò che reputava
necessario: Et quamvis in hoc volumine solum contineantur
necessaria ad celebrationem horarum, dimissaque sint cerimonialia principalis
ecclesie, tamen ne Speculum dividatur, integre positum est, ut unusquisque
possit ad libitum omnia meditari, ac ex hoc sibi necessaria sumere.[149]
6. L’edizione
del ‘Breviarium ambrosianu’ del 1492 A distanza di due anni, il
Casola ripropose l’edizione del Breviario,
in un formato più maneggevole e quindi facilmente trasportabile: Nam posteaquam quietis viris
et hebescenti etati per chalcographos breviarium notis illis grandiusculis
imprimentes optime consului, non mediocris mihi persuasit cogitatio, ut pari
solertia itinerantibus clericis vel modo huc modo illuc variis negociis
discurrentibus in medium prospicerem breviariolum itaque, ut sic dixerim, quasi
enchiridion minoribus notis imprimi curavi, adeo ut non insipide de se dicere
queat: Scrinia de magnis, me capit una manus.[150]
L’editore dichiara di aver
riproposto nella sostanza l’edizione precedente: Hoc unum addam, ne te rei
veritas pretereat: ordinem primi breviarii me secutum fuisse qui ex libris
cathedralis ecclesie atque ex omni vetustate exhausta in hoc pulcherrimum
corpus congressi, ne quamvis parvi voluminis sit quicquam desiderare posset.
Nihil est quod demi, nihil est quod addi possit nisi equam operis maiestatem
aut nimia angustia aut superflua rerum copia violare maluerim.[151]
E’ possibile tuttavia rilevare
alcune differenze. Se appare trascurabile la riduzione di alcune rubriche che
avevano funzione di collegamento o passaggio, le Epistolelle proprie per le ore
minori vengono riorganizzate: nella sezione ad esse destinata troviamo
solamente i testi per i formulari dall’Avvento alla Quaresima, mentre le
Epistolelle comuni per i santi e quelle per il Proprio del tempo estivo e per
il Santorale sono inserite nell’ufficio corrispondente. Anche l’Innario subisce
una riduzione e gli inni per le ore minori sono posti nei formulari per le
singole ore.[152]
Diversamente da quanto accadeva nell’edizione del 1490, inoltre, i formulari
del Comune dei santi contengono anche i testi per le ore minori, mentre non
vengono replicati i testi per i Secondi vespri, identici ai Primi. La sezione
di inni, posta in conclusione al Breviario
del 1490, scompare del tutto[153]
nell’edizione 1492, dove cadono anche l’Ufficio per la festa della
Trasfigurazione e lo Speculum. Le
letture per Mattutino vengono spesso abbreviate. Riproponendo l’edizione in
formato ridotto, Casola rinuncia inoltre ad una delle principali innovazioni
introdotte nel 1490: nel Breviario del
1492 mancano infatti le rubriche che illustrano le celebrazioni di Mattutino e
Vespri e la rubrica relativa all’ordinamento delle letture bibliche per
l’ufficio di Mattutino.[154]
Breviarium
Ambrosianum. Milano,
Antonius Zarotus, Kal. Apr. [1 aprile] 1492, 8° (mm 105 x 155).[155]
Ed. Petrus Casola. F. 1
bianco. F 2r, rosso: KL Ianuarius habet dies xxxi. Et luna
xxx. ... F. 8r, con segn. a: Uniuersitati Mediolani cleri
ambrosiani petrus casola Mediolanensis ec║clesie canonicus ordinarius indignus.
S. p. d. ║ ... f.
8r lin. 11: ... Nam posteaquam quietis viris: et hebescen-║ti etati per
chalcographos breuiarium notis illis grandiu-║sculis imprimentes optime
consului: non mediocris mihi ║ persuasit cogitatio: ut pari solertia
itinerantibus clericis: ... lin. 16: perspicerem
Breuiariolum itaque: ut sic dixerim: quasi euchiridion ║ minoribus notis
imprimi curaui: ... f. 9r α con
segn. a e num. rom.
I, rosso: Incipit breuiarium iuxta mo-║rem
beati Ambrosii ad laudem ║ domini nostri iesu christi. Et primo in ║ vigiliis
sancti martini episcopi ║ turonensis. ad vesperum lucer.║Nero: Lux orta est. ... lin.
9, rosso: ... Hymnus. ║ Nero: [9]Ella-║tor
ar-║mis in║clytus ║ Marti║nus ac-║tu no-║bilis: ... termina a f. 398v β, lin. 13: ... et ║ quorum votiuo letatur
officio ║ suffragio releuetur optato. per. ║ Impressum fuit hoc opus in ║
inclyta ciuitate Mediolani ║ per Antonium Zarotum Parmen║sem. Impensa Petri
Casole ║ presbyteri: et ordinarii medio║lanensis. Anno salutis christiane ║
M.cccc.lxxxxii. in kalendis ║ Aprilis. Sub illustrissimo ║ Ioanne Galeacio
Sphortia ║ vicecomite. Duce Mediola║ni sexto felicissimo. ║ FINIS. ║ Contenuto:[156]
F. Ir: Kalendarium - 7r: Epistola clero ambrosiano - a
r: Proprium Sanctorum et Proprium de Tempore hiemale - t vi r: Commune dominicarum et feriarum - x
iiii r: Horae minores - y ii v: Epistolellae per annum - y v v: Officium defunctorum - z i v: Officium parvum beatae virginis Mariae -
z iiii v: Benedictiones ad lectores -
z vi v: Psalterium-Hymnarium - D
vi v: Commune Sanctorum - E viii v: Proprium de Tempore aestivum – S ii v: Proprium Sanctorum aestivum - XXX
iiii v: Orationes de novo additae. GW 5152, IGI 2068 Esemplari conosciuti: [157]
Milano, Ambr., Inc. 510; Vaticano, Bibl. Apost. Vat., Inc. V. 180. 7. Le ‘Litanie secondo l’ordine ambrogiano’ Precedente la sua partenza
per Probabilmente Casola pensò
di realizzare uno strumento che permettesse ad un pubblico alfabetizzato di
seguire in modo più partecipe la celebrazione, tramite una spiegazione dei
momenti in cui essa si articolava. Il volumetto poteva essere inoltre un valido
sussidio anche per il clero, che talora possedeva una conoscenza piuttosto
superficiale della lingua latina.[165] Litanie secondo l'ordine ambrogiano. Milano, Antonius Zarotus, 22 aprile F. Ir (rosso)
A laude de dio: qui se incomentiano: le le║tanie secundo lordine ambrosiano: E
║ queste sono le letanie se fano: li primi tri gior║ni : da poy la dominica: si
fa da poi lascensio║ne del nostro signore iesu christo: E si fano a ║ questo
modo. El primo giorno cioe el lune║di … f.
32r (rosso) El secundo giorno de le litanie in el choro de ║ la giesia
maiore: … f. 55r (rosso) EL terzo
giorno de le litanie congrega║to el clero e lo populo in la giesia ma║iore … f. 82r FINIS. f. 82v. (rosso) Ad primam uersus. ║
(nero) DEus in adiutorium meum inten-║de … f.
87r Ad tertiam ... f. 89r Ad
sextam ... f. 91v Ad nonam ... f. 94r. Colophon:
Impresum Mediolani per Antonium ║ Zarotum Parmensem. Impensa ║ Petri
Casole Ordinarii Eccle║sie Mediolanensis. ║
M.cccc.lxxxxiiii. Die ║ xxii. Aprilis. Re. Io║anne Galeazio ║Duce Se. IGI 5768, Hain 10122, BMC VI
723 Esemplari conosciuti:[168]
Chicago, The Newberry Library; Londra, British Library, IA.26076; Milano,
Ambr., Inc. 618; Milano, Cap. Metrop., II G 3-13, II G 3-14,
II G 3-15; Paris, Bibl. Nationale de France; Paris, Bibl. Mazarine; Torino, Bibl.
Nazionale; Vaticano, Bibl. Apost. Vat., Inc. V 181; Venegono, Bibl. del
Seminario Arcivescovile. 8. Il ‘Rationale cerimoniarum misse ambrosiane’ Il Rationale fu stampato il 18 giugno 1499 da Ambrogio de Caponago
presso Alessandro Minuziano (IGI 2543).[169]
Pietro Casola si proponeva con questo trattatello di illustrare il modo di
celebrare la messa secondo il rito ambrosiano, quasi a complemento dell’opera
intrapresa con la duplice pubblicazione del Breviario,
non a caso menzionata nell’epistola al clero posta all’inizio del volume.[170] Il Rationale si apre con una puntuale descrizione delle azioni
compiute dal celebrante, che differiscono qualora egli celebri da solo o con
l’ausilio di altri ministri, con o senza canto. Casola riporta inoltre i testi
fissi della messa: le orazioni e le formule che il sacerdote deve recitare secrete, la confessio ante altarem, le formule conclusive delle orazioni, le
parti dialogiche (saluto del celebrante, conclusione delle letture, dialogo
all’inizio del prefazio, congedo), le benedizioni ai lettori, parte del canone
intervallata da indicazioni rituali, il Pater
noster. I ff. b v recto-b vii recto sono quasi interamente occupati dalle
formule per la benedizione finale al popolo, che variano a seconda della festa
o del periodo liturgico. L’ordo missae
mortuorum, ai ff. b vii verso-b viii recto, illustra le differenze che
intercorrono tra la messa per i defunti e lo schema tradizionale. Questa prima
parte dell’opera può essere considerata il parallelo della rubrica introduttiva
posta da Casola all’inizio del Breviario del
1490 e risponde alla medesima esigenza: offrire al celebrante indicazioni
precise sul modo in cui doveva essere condotta L’autore del trattato appare
costantemente mosso da una preoccupazione allo stesso tempo pedagogica e
apologetica: egli desidera incrementare l’istruzione del clero e di conseguenza
la sua devozione, rendendolo consapevole dei gesti compiuti, ma anche
dimostrare ai detrattori del rito ambrosiano la sapienza posta da Ambrogio nel
plasmare il rito della sua chiesa, messa in ombra dalla negligenza dei suoi
successori: Descripto superius ordine et
ritu celebrationis missę iuxta institutionem beatissimi antistitis Mediolanensi
et doctoris precipui Ambrosii, pro aliquali et rudi satisfactione nonnullorum,
qui spreta tanti viri ordinatione non solum eam devote non recipiunt, sed quod
deterius est aliqua ex parte irridere non erubescunt, sane credendum est
beatissimum Ambrosium in cunctis operibus suis irreprehensibilem in huius misse
institutione ratione non defecisse. Et si quis est quod fortassis animos
scientium posset involvere, hoc non eidem antistiti sanctissimo, sed
successorum suorum et aliorum sacerdotum ac clericorum Mediolanensium
negligentia tribuendum iudicavi; quia hi qui scientia ac litteris floruere
rudibus hanc rationem pandere noluerunt. Hi vero qui summam ignorantiam
possederunt, muniti desidia, rationem iam in codicibus dudum descriptam
inquirere neglexerunt.[176]
Convinto che una corretta
esposizione possa permettere a coloro che criticano l’operato del presule
Ambrogio di rivedere le proprie posizioni, il Casola si accinge a riassumere
brevemente quanto ha potuto apprendere «ex libello quodam quasi ex sterquilinio
a me redempto, et antiquissimis figuris ac caracteribus et sine auctore
descripto, adhibitoque Speculatoris volumine divinorum rationale nuncupato,
ante visis codicibus maioris ecclesie, ne ab eis recederem». Se rimane ancora
difficile immaginare quale testo possa celarsi dietro al libello sine auctore, è invece chiaro il riferimento alla massima
autorità nel campo dei commenti alla liturgia, il Rationale divinorum officiorum di Guglielmo Durando, lo speculator.[177]
Casola costruisce il proprio commento tramite la giustapposizione, più
raramente la parafrasi, di excerpta dal
trattato del Durando, in particolare dal Liber
quartus, de missa et singulis que in ea aguntur. Meno frequenti sono invece
le citazioni dai libri I, II, III e VI.[178]
Casola, pur attingendo abbondantemente al materiale raccolto da Durando, è
consapevole della necessità di armonizzare la fonte, che commenta la messa in
rito romano, con l’oggetto della propria analisi, cioè la messa secondo il rito
ambrosiano. Per questo egli non esita a riordinare gli excerpta adattandoli alle differenze rituali e a ricorrere alla
testimonianza degli antichi Messali,
perché la tradizione in essi contenuta possa continuare ad illuminare la prassi
e a correggere gli errori che si sono insinuati in essa.[179]
Inserisce inoltre alcuni excursus per
illustrare alcune particolarità ambrosiane, come la già menzionata triplice
ripetizione del Kyrie eleison in momenti
distinti della messa (f. d recto), la ripetizione frequente del Dominus vobiscum (f. d vi recto-verso, e
ii recto), l’uso dell’offerta da parte dei Vecchioni[180]
(f. d viii verso), la posizione del Simbolo (f. e verso), una peculiare
distinzione all’interno del canone (f. e vii verso-e viii recto). Il testo del
trattatello contiene infine numerosi riferimenti a passi del Decretum Gratiani, in particolare ai
trattati De consecratione[181] e De
paenitentia,[182]
e al Liber extra di Gregorio IX. Tali
riferimenti si trovano anche nei manoscritti che tramandano l’opera del
Durando, consegnati a note marginali, che nelle edizioni a stampa apparse in
area italiana tra il XV e il XVII furono inserite nel corpo del testo.[183]
E’ possibile quindi che il nostro canonico leggesse il Rationale divinorum officiorum in una delle edizioni apparse negli
anni precedenti.[184] In linea con l’atteggiamento
dimostrato nelle edizioni del Breviario e
delle Litanie è l’attenzione nei
confronti delle antiche fonti ambrosiane, in questa circostanza rappresentate
dall’anonimo libello recuperato da Casola. Le sue parole, «quasi ex
sterquilinio a me redempto»,[185]
tradiscono l’entusiasmo della scoperta: il canonico sembra porsi idealmente nella
scia di coloro che nella prima metà del secolo avevano restituito
all’attenzione degli umanisti opere perdute di classici. Era del resto ancora
vivo il ricordo delle recenti esplorazioni condotte a Bobbio dal Merula tramite
Giorgio Galbiato.[186] CASOLA, Petrus. Rationale cerimoniarum misse Ambrosiane.
[Milano], Ambrosius de Caponago apud Alexandrum Minutianum, vigilia Gervasii et
Protasii [18 giugno] 56 fogli. Segnature: a8-g8.
Ultimo foglio bianco. 26 linee. Carattere 1: 111 R. Capitali stampate, e alcuni
spazi bianchi, con lettere-guida. (Tav. X) F. 1r Titolo: RATIONALE CERIMO║NIARVM MISSE ║AMBROSIANE. F. 2r, segn. a ii: ¶Clero
Mediolanensi Petrus Casola Ecclesiæ ║Mediolanensis canonicus ordinarius
nuncupa║tus. S.P.D. ║ (N3)On dubito dignissimi confratres
imbecilli║tatem ingenioli mei a multis (non tamen ina║ni iudicio) condemnatum
iri. ... F. 3r, segn. a iii: Modus
missam celebrandi iuxta institutionem diui ║Ambrosii Mediolanensis antistitis
precipui. ║ (S3)Acerdos pręparando se ad missam celebran║dam primo
induit camisium dicendo saltem ║ secrete hunc uersum. Dealba me domine: … F. 9r Segn. b: eleuet oculos deuote uersus celum. Et cum dicit Bene║ ... Termina a f. 55r, segn. g vi lin. 4: ... et illam osculando: dat ║
benedictionem populo dicendo Dominus noster iesus ║ christus qui est uita
uiuorum et resurrectio mortuorum ║ uos benedicat: et perducat ad gaudia regni
celorum. ║ R. Amen. ║AMBROSIVS DE CAPONA║GO IMPRESSIT APVD ║ALEXANDRVM
MI║NVTIANVM. ║M.CCCC.LXXXXVIIII. ║VIGILIA SANCTO║RVM GERVA║SII ET PRO║THASII. F. 55v segn. g vi: ¶Habetis uenerabiles
sacerdotes hunc meum mini║me ambitiosum laborem: sed summę charitatis plenum. ║ lin. 17: … Valete: Et
Iesum sal║uatorem pro collega uestro uobis deditissimo orate. ║ F. 56 bianco. GW 6157, IGI 2543, Hain
4552, BMC VI 791 Esemplari conosciuti:[188]
Amiens, Bibl. municipale, LESC
457, RES 9. Il diario del pellegrinaggio in Terra santa L’opera che rivela nel modo più efficace la personalità di Pietro Casola è il diario del pellegrinaggio in Terra Santa, che il canonico stese dopo il suo rientro a Milano, partendo, come di consueto, da appunti presi durante il viaggio.[192] Il suo racconto si inserisce in un filone che aveva goduto di larga fortuna già nel Medioevo, ma che nel corso del XV secolo cominciava ad allontanarsi da un certo schematismo, per arricchirsi di nuovi spunti narrativi legati all’esperienza personale degli autori. Esemplare al proposito è il resoconto del pellegrinaggio di Roberto da Sanseverino (1458),[193] che si discosta da alcuni punti caratteristici degli Itineraria tradizionali: all’aspetto religioso del viaggio è dedicata un’attenzione piuttosto marginale, sono del tutto omessi testi delle preghiere da recitare nelle diverse circostanze e le liste di reliquie, le indulgenze lucrabili sono indicate solo sommariamente. Il Sanseverino preferisce riferire particolari avventurosi o curiosi e gli incontri con i notabili locali. Il suo viaggio, del resto, appare motivato più dall’esigenza di sondare l’effettiva potenza turca che da un reale desiderio di visitare i luoghi santi.[194] I diari di Capodilista, che viaggiò insieme al Sanseverino, e di Santo Brasca, recatosi a Gerusalemme nel 1480, si mantengono invece più vicini agli Itineraria precedenti.[195] Come già avevano fatto i suoi predecessori, anche il Casola si servì come traccia dei resoconti di altri viaggiatori: dichiara di conoscerli, senza però precisarne gli autori.[196] Anna Paoletti nota punti di contatto tra il suo diario e quello del cancelliere sforzesco Santo Brasca: in alcuni passi il Canonico sembra voler completare il racconto del suo predecessore.[197] E’ plausibile che egli avesse a disposizione una copia del diario di Brasca, apparso per la prima volta a stampa nel 1481 ([Milano], Leonhard Pachel e Ulrich Scinzenzeler: IGI 2052, GW 5073), e non possiamo escludere che i due si conoscessero di persona. Il silenzio di Casola rende però difficile identificare ulteriori fonti: limitandoci ai pellegrini milanesi dobbiamo ricordare Gian Giacomo Trivulzio, che si recò in Terra Santa nel 1476 con Guidantonio Arcimboldi, non ancora arcivescovo,[198] e il nobile Girolamo Castiglione, che consegnò le sue memorie ad un’operetta stampata nel 1491.[199] Il diario di Casola si discosta però in modo netto dai possibili modelli, nutrendosi delle osservazioni di uno spirito curioso e attento, che mette in primo piano non un itinerario ideale, ma ciò che cattura la sua attenzione. Il canonico ripercorre in ordine cronologico le tappe dell’itinerario di andata e ritorno, indicando giorni, mesi e festività liturgiche e descrivendo gli avvenimenti più interessanti di ogni giornata.[200] Le località visitate durante il tragitto verso Venezia sono descritte con attenzione, indicando anche notizie sulla loro storia e sulle vicende politiche. Egli si sofferma sulle chiese principali e registra alcuni particolari che lo avevano colpito: le fontane di Brescia, ad esempio, vengono paragonate a quelle di Viterbo, ma ancor più stupefacente appare il luogo in cui lavorano i macellai;[201] di Vicenza ricorda invece la lavorazione della seta, «cosa molto dignissima».[202] Giunto a Venezia la sua descrizione si fa più minuziosa.[203] Il Casola rimane profondamente colpito dall’intensa attività economica e non può fare a meno di esprimere la propria ammirazione, oltre che per la magnificenza degli edifici, per l’operosità dei Veneziani.[204] La descrizione della città di Venezia occupa gran parte del diario, circa la metà dello spazio dedicato ai luoghi santi, tanto che Casola sente il bisogno di giustificarsi di tanta prolissità: egli afferma di non fare ciò per ingraziarsi i Veneziani, ma per obbedire alla richiesta di coloro che lo hanno incaricato di scrivere e per testimoniare di persona cose che egli a stento avrebbe potuto credere, se gli fossero state narrate.[205] Una volta imbarcatosi, la galea e il mare offrono particolare spunto alla narrazione. Il mare, che negli itineraria precedenti tendeva a scomparire, assume invece nel resoconto del canonico un ruolo preciso: dilata le distanze, rallenta gli spostamenti e avvolge i luoghi, più o meno conosciuti, in una dimensione di mistero. Il mare accentua la precarietà e l’incertezza che caratterizzano il pellegrinaggio, mentre il dispiegarsi delle forze della natura diviene espressione della volontà di Dio e segno della sua costante presenza.[206] Le tappe del viaggio offrono al pellegrino l’occasione di descrivere città, le mercanzie che vi si trovano, ma soprattutto i costumi degli abitanti, osservati con curiosità e rispetto, benché possano suscitare in lui impressioni contrastanti. Nel suo racconto trovano spazio anche notizie curiose, probabilmente frutto di leggende: «Dicono esserli una insula che se chiama la insula de le Simie,[207] la qual dicono essere de tanto bono aere, che lì se trovano homini de C, de CX, de CXX e anche de CXL anni. Un’altra insula chiamata la insula de sancto Nicola de Carichi,[208] unde, maridando le loro fiole in dicta insula, non li danno in dota altro che una sapa e uno badile, e che, adoperandoli, mai non se frustano».[209] Pietro Casola insiste continuamente sulla visione diretta delle cose riferite e pone la propria persona al centro della narrazione: egli si rivolge talvolta esplicitamente al lettore, con il quale intrattiene un dialogo continuo, ribadendo la veridicità delle cose narrate e giustificandosi per l’impossibilità di trascrivere tutto.[212] Dal suo racconto riceviamo anche alcune informazioni di carattere pratico, come il tipo di abbigliamento adatto ai pellegrini o alcune delle spese che è necessario affrontare,[213] ma è evidente che l’autore non voleva limitarsi al ruolo di guida. Egli non ripete ciò che era già stato scritto altre volte, ma trascrive giorno per giorno la realtà del suo viaggio personale, nei suoi più vari aspetti.[214] La cifra più significativa dell’intero racconto risiede perciò nel continuo intervento dell’autore, che filtra continuamente i fatti narrati, ed esprime senza remore la propria opinione. In numerose circostanze egli rivela uno spirito vivace e arguto e una notevole capacità di adattarsi alle situazioni: una sera, ospite di un mercante lucchese si cimenta ai fornelli («io fece la cucina a la milanese, maxime una torta) e durante il viaggio si preoccupa affinché frate Francesco Trivulzio abbia da mangiare («Io feci la cucina al meglio che sapeva per reficiare el patre predicatore. A me ogni cosa era bono»).[215] Le sue annotazioni sono spesso accompagnate da un sano realismo. Quando i compagni di viaggio si lamentano per la durata di alcuni scali, giudicata eccessiva, il Casola prende le difese del patrono della Galea, che preferiva muoversi con prudenza. Egli riconosce la verità delle recriminazioni avanzate dagli altri pellegrini, ma difende la propria posizione: «Io era el giudice de le controversie nascevano tra li peregrini e lo Patrono. E anche a me daveno qualche bocata, digando che io faceva bono el dicto del Patrono, perché etiam, stando in terra me faceva le spexe, a loro no; e questo era il vero, ma io spendeva più che loro».[216] Anche le situazioni di maggiore sofferenza vengono tratteggiate con una punta di brio. Lo sconforto per il trattamento ricevuto dai Mori, una volta giunti al porto di Giaffa, ad esempio, si traduce in un quadro vivace: «Nam quilli tali signori tuti, intendando che la galea de peregrini era gionta, se armorono al Zaffo, e piantorono li sui paveglioni ex adverso de la galea, ita ch’el pariva fosse uno exercito che se paregiasse per fare guerra; e cossì era saltem a le borse de li peregrini».[217] Non manca però, nelle parole del canonico, una vena moralizzatrice che non risparmia nessuno, dal bersaglio prevedibile offerto dai «cani mori» ai milanesi, criticati spesso per i costumi volubili, per la smodatezza nel bere,[218] per lo scarso rispetto nei confronti degli edifici di culto[219] e anche per una certa disonestà.[220] La sua vena mordace non risparmia neppure i religiosi. Frate Francesco Trivulzio viene bollato nella sua abitudine di confortare i pellegrini con le sue prediche, indice certamente di animo pio, ma poco attento ai bisogni materiali.[221] Il vescovo di Brescia è invece accusato di non curarsi troppo delle cerimonie.[222] La sua condizione di ecclesiastico non gli impedisce infine di confessare che talvolta le prediche o le celebrazioni sono noiose: si vedano i rimproveri mossi al predicatore della cattedrale di Lesna[223] e al modo in cui celebravano l’ufficio i frati veneziani di S. Giorgio maggiore.[224] Casola non si accontenta quindi di un resoconto rapido e tecnico, ma colora il suo racconto di umorismo, ironia arguta nei confronti delle proprie debolezze e di alcuni costumi altrui: esemplari sono le critiche bonarie rivolte alla volubilità dei milanesi in materia di mode o i giudizi espressi sull’abbigliamento delle donne veneziane.[225] Così, dopo essere riuscito ad evitare di «eleggere uno pesse» per sua sepoltura, Pietro Casola ci consegna un diario che supera la prospettiva impersonale delle narrazioni precedenti e imprime una svolta decisa ad un genere verso il quale è comunque debitore. La vasta opera intrapresa dal canonico Pietro Casola rivela un intento preciso, che la distingue in modo netto dall’attività dei contemporanei: essa è tutta tesa ad una comprensione più autentica della liturgia ambrosiana, abbracciata nella sua complessità. Tale comprensione si attua con un lavoro di indagine accurata condotta sulle fonti, che non si risolve in mero archeologismo o nella riproposta di modelli passati. Casola dimostra la capacità di interrogare criticamente la tradizione per trarre da essa istruzioni che siano guida all’agire presente in ambito cerimoniale. L’obiettivo di offrire al clero ambrosiano strumenti funzionali non è raggiunto tramite una costruzione arbitraria, ma grazie alla consapevolezza che la prassi si inserisce in una storia liturgica di cui la chiesa cattedrale era, e deve continuare ad essere, custode e garante, magari tramite le nuove possibilità offerte dalla stampa. La sua attenzione alle fonti si inserisce in un clima culturale, quello del tardo Quattrocento milanese, di cui si conosce ancora poco. Ulteriori indagini sulla vita e l’opera del Casola, che si dimostra anche narratore avvincente, potranno quindi contribuire a delineare un quadro più preciso di questa stagione dell’umanesimo lombardo. Pubblicato a stampa in «Italia medioevale e umanistica», XLVI (2005), pp. 149-206. Ringrazio il dott. [1] G.A. Sassi, Historia
literario-typographica Mediolanensis, in F.
Argelati, Bibliotheca scriptorum
Mediolanensium, Mediolani, in Aedibus Palatinis, 1745, vol. I/1 col. 315.
Con le espressioni grandiori [...]
forma e exiliori charactere il
Sassi sembra suggerire che l’edizione del Breviarium
ambrosianum curata da Pietro Casola nel 1490 sia apparsa in due diversi
formati. In realtà si tratta di due edizioni diverse. La prima, in folio, fu effettivamente stampata nel
1490: Indice generale degli incunaboli
delle biblioteche d’Italia (= IGI), Roma, Libreria dello Stato, 1943
(«Ministero dell’educazione nazionale. Indici e cataloghi. Nuova serie», I),
vol. I num. 2067; Gesamtkatalog der Wiegendrucke (= GW), [2] A. Possevino, Apparatus sacer, Venetiis, apud Societatem Venetam, 1606, vol. III p. 45. [3] I.P. Puricelli, De SS. Martyribus Nazario et Celso, ac Protasio et Gervasio, Mediolani sub Nerone caesis deque Basilicis in quibus eorum Corpora quiescunt historica dissertatio, rerum etiam urbanarum notitiae perutilis: quam brevitatis gratia Nazarianam nuncupari placeat, Mediolani, G.C. Malatesta, 1656, p. 256. [4] F. Picinelli, Ateneo dei letterati milanesi, Milano, F. Vigone, 1670, p. 460. [5] Solamente il colophon dell’edizione apparsa nel 1492 porta l’indicazione «impensa Petri Casole presbyteri: et ordinarii mediolanensis». Non sembra da escludere un suo diretto contributo finanziario anche per il Breviario del 1490, la cui veste tipografica, come vedremo, fu certamente scelta dal Casola: A. Ganda, I primordi della tipografia milanese. Antonio Zarotto da Parma (1471-1507), presentaz. di L. Balsamo, Firenze, Olschki, 1984, pp. 64, 176, 182. [6] Litanie secondo
l’ordine ambrogiano, Milano, Zarotto, 22 IV 1494:
IGI 5758; Catalogue of books printed in
the XVth century now in the [7] Petrus Casola, Rationale cerimoniarum misse Ambrosiane, [Milano], Ambrosius de Caponago apud Alexandrum Minutianum, 18 VI 1499 (IGI 2543; GW 6157; BMC, VI, 791). [8] Per l’elenco dei
manoscritti attribuibili alla sua iniziativa: S.
Rossi Minutelli, Casola (De
Casolis), Pietro, in Dizionario
Biografico degli Italiani (= DBI),
Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1978, vol. XXI pp. 376-77. [9] Sassi, Historia,
cit., p. 610. I due volumi furono stampati per la prima volta entro il 14
settembre 1478: E. Cattaneo, Istituzioni ecclesiastiche milanesi, in Storia di Milano, Milano, Fondazione Treccani degli Alfieri, 1961,
vol. IX p. 554; T. Foffano, Per la data dell’edizione del ‘Sanctuarium’ di Bonino Mombrizio, in
«Italia medioevale e umanistica», a. XXII 1979, pp. 509-11; T. Rogledi Manni, La tipografia a Milano nel XV secolo, Firenze, Olschki, 1980
(«Biblioteca di bibliografia italiana», 90), scheda 689; T. Foffano, Edizioni del XV secolo nella biblioteca dell’Università Cattolica di
Milano, in «Aevum», a. LXVI 1992, p. 447, num. 30. Si
veda anche B. Mombritius, Sanctuarium, seu vitae sanctorum, [10] S. Spanò Martinelli, Italia
fra il 1450 e il [11] Argelati, Bibliotheca,
cit., vol. II/1 col. 940 menziona una versione del Sanctuarium in cui le vite non erano disposte in ordine alfabetico,
ma seguendo la scansione dell’anno liturgico, a partire da s. Martino:
l’esemplare, manoscritto, si trovava presso [12] Il quadro più completo
sull’attività di Bonino Mombrizio è offerto da Spanò
Martinelli, Bonino Mombrizio,
cit., pp. 3-18. Il Mombrizio nacque nel 1424, ma la sua città natale è
discussa. A.P. Frutaz, Mombritius, in Dict. de spiritualité, Paris, Beauchesne, 1980, vol. X col. 1522 lo
dice milanese, ma di famiglia proveniente da Montebretto, in Romagna, mentre [13] Milano, Domenico da Vespolate, 12.xii,1476 (IGI 7204); Venezia, Andrea Sonetti, 30.vi.1485; Venezia, Teodoro Ragazzoni, 17.iii.1491 (IGI 7206); Venezia, Filippo Pinzi, 19, iv.1496 (IGI 7207). [14] A. Manfredi, L’‘Orthographia’ di Giovanni Tortelli nella Biblioteca Vaticana, in Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae VI. Collectanea in honorem Rev.mi Patris Leonardi E. Boyle, O.P. septuagesimum quintum annum feliciter complentis, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1998 («Studi e testi», 385), pp. 265-98. [15] V. De Angelis, Ansie ortografiche d’autore e censure umanistiche: Papia e Bonino
Mombricio, in Per una storia della
grammatica in Europa. Atti del convegno. Milano, 11-12 settembre [16] Milano, Buono Accorsi, 20
ix 1481: Rogledi Manni, La
tipografia a Milano, cit., scheda 839. Per la biografia del Crastone: Sassi, Historia, cit., coll. 166E e 168-72; Argelati, Bibliotheca,
cit., col. 2019A; Garin, La cultura milanese, cit., pp. 568-69 e
572; L. Gualdo Rosa, Crastone (Crastoni, Craston, Crestone,
Crestoni), Giovanni, in DBI, vol.
XXX 1989 pp. 578-80. [17] Liber secundus, par. 34: Augustine, De Doctrina Christiana, ed. and
translated by R.P.H. Green, [18] Sassi, Historia,
cit., pp. 481-82, num. xxviii. Il
Crastone spiega che nel passo controverso i testimoni latini presentano la
lezione viduam, mentre i greci sono
concordi nel leggere θηραν [sic pro θηρα],
cioè praedam. Il Crastone ritiene che
l’errore possa essere generato da uno scambio tra θ e χ, perché traduzione di vidua in greco è χήρα, ma non si risolve
a scegliere tra le due lezioni. Non ho individuato il passo cui si riferisce
l’osservazione del Crastone. [19] Rogledi Manni, La tipografia a Milano, cit., scheda 62; Ganda, I primordi, cit., p. 137. [20] G. Billanovich-M. Ferrari, La
tradizione milanese delle opere di sant’Ambrogio, in Ambrosius episcopus. Atti del Congresso internazionale di studi
ambrosiani nel XVI centenario della elevazione di sant’Ambrogio alla cattedra
episcopale. Milano 2-7 dicembre [21] Billanovich -Ferrari, La tradizione, cit., pp. 69-70. [22] Leonhard Pachel: Sassi, Historia, cit., p. 587; Cattaneo, Istituzioni ecclesiastiche, cit., p. 547; Rogledi Manni, La tipografia a Milano, cit., scheda 60. [23] Antonio Zarotto: Sassi, Historia, cit., p. 588; Cattaneo, Istituzioni ecclesiastiche, cit., p. 547; Rogledi Manni, La tipografia a Milano, cit., scheda 61; Ganda, I primordi, cit., pp. 180-81. [24] Figlio di Francesco e
Franceschina de Boschainis, morì nell’anno 1502: Sassi, Historia, cit., col. 321D; Argelati,
Bibliotheca, cit., vol. I/2
col. 505-06 e vol. II/2 col. [25] Sassi, Historia, cit. p. 585; Billanovich- Ferrari, La tradizione, cit., pp. 52-53; Rogledi Manni, La tipografia a Milano, cit., scheda 502. Per i testi di s. Ilario è editio princeps. [26] C. Marcora, Due
fratelli arcivescovi di Milano: il Card. Giovanni (1484-1488) e Guidantonio
Arcimboldi (1488-1497), in Memorie
storiche della diocesi di Milano, IV, Milano 1957, pp. 288-467; N. Raponi, Arcimboldi, Guidantonio, in DBI,
cit., vol. III 1961 pp. 777-79; A. Majo, Arcimboldi, Guidantonio († 1497), in Diz. della Chiesa Ambr., Milano, NED, 1987, vol. I pp. 244-45; F. Somaini, Un prelato lombardo del XV secolo. Il Card. Giovanni Arcimboldi vescovo
di Novara, arcivescovo di Milano, 3 vol., Roma, Herder, [27] Sassi, Historia, cit., coll. 316E-317A, 319-21 riporta anche i versi posti dal Crivelli a chiusura dell’opera. L’epistola all’Arcimboldi è edita dallo stesso Sassi, cit. a p. 494-96, num. XXXVI. E’ significativo che l’interesse per l’argomento si accompagni in Crivelli all’attenzione per lo stile: s. Ilario viene opposto a Tommaso d’Aquino e agli esponenti della cosiddetta Schola Parisiensis, riconosciuti dottissimi ma «a nitore Latini sermonis, elegantiaque longe remotos, vel, ut verius dicam, incultos ac barbaros»: M. Ferrari, Il rilancio dei classici e dei Padri, in Lo spazio letterario del Medioevo. 1. Il Medioevo latino, Roma, Salerno, 1995, vol. III p. 454. [28] Ferrari, Il rilancio, cit., p. 454. [29] Il testo del colophon in Billanovich -Ferrari, La tradizione, cit., p. 54. [30] Billanovich- Ferrari, La tradizione, cit., pp. 43-46. [31] Ivi, La
tradizione, cit., pp. 33, 53-59: per il De
obitu Theodosii potrebbe essersi basato su un codice perduto. [32] Cattaneo, Istituzioni
ecclesiastiche, cit., p. 547; Rogledi
Manni, La tipografia a Milano,
cit., scheda 61 (IGI 425, GW 1601). La prefazione, indirizzata a Ludovico Maria
Sforza è edita in Sassi, Historia, cit., pp. 501-02, num. XLII.
Il Dolcino curò inoltre l’edizione dell’Astronomicon
di Marco Manilio (IGI 6129) e dell’Historia
persecutionum christianorum di Bonifacio Simonetta (IGI 9011): C. Santoro, Gli inizi dell’arte della stampa a Milano, in Storia di Milano,
cit., vol. VI 1956 p. 877; Rogledi Manni,
La tipografia a Milano, cit.,
scheda 619 e 919. All’opera del Simonetta è premessa una lettera del Dolcino al
vicario episcopale Giovanni Battista Ferro, pubblicata da Sassi, Historia, cit., pp. 504-05, num. XLV. [33] Nato a Cremona nel 1462,
si trasferì a Milano dove fu allievo di Giorgio Merula e ottenne nel 1486 un
canonicato nella chiesa milanese di S. Maria alla Scala, succedendo al defunto
Michele di Oleggio. Insieme a Cristoforo de
Camponibus stese il Necrologio della predetta chiesa. Morì il 13 ottobre
1508 e fu tumulato nella stessa chiesa: Sassi,
Historia, cit., coll. 111,
240D, 291A, 307-16; Argelati, Bibliotheca, cit., vol. II/2 coll.
2109-10. Alla sua penna dobbiamo le Nuptiae
Ducis Mediolani, pubblicate nel 1489 e alcune rime, edite dal sacerdote
Francesco Tanzio Cornigero insieme a versi di Gasparo Visconti: Rogledi Manni, La tipografia a Milano, cit., rispettivamente scheda 400 (IGI 3586,
GW 9064), 1113 (IGI 10338) e 1114 (BMC, VI, 723). Argelati, Bibliotheca,
cit., vol. II/2 col. 2110, ricorda un’epistola a Giovanni Tolentino apparsa tra
le epistole di quest’ultimo, stampate a Milano nel 1511 (nel 1512 secondo Short-title catalogue of books printed in
Italy and of italian books printed in other countries from 1465 to 1600 now in
the British Museum, London, The Trustees of the British Museum, 1958, 674,
alla voce Tollentinas, Johannes) e un
epigramma in lode di Bernardino Corio nel libro dello stesso Corio, Utile dialogo amoroso (Alessandro
Minuziano, 1502?: Le edizioni italiane
del XVI secolo, IV, Roma, ICCU, 1996, num. 6472). Un suo poemetto
intitolato Sirmio fu stampato nel
1502: S. Meschini, Uno storico umanista alla corte sforzesca.
Biografia di Bernardino Corio, Milano, Vita e Pensiero, 1995 («Biblioteca
di storia moderna e contemporanea», 8), p. 141 n. 199. Sulla chiesa di S. Maria
alla Scala si veda: G. Marsili rietti, Maria della Scala, chiesa di S., in Diz. della Chiesa Ambr., cit., vol. III
1989 pp. 1954-56. [34] Billanovich- Ferrari, La tradizione, cit., pp. 48-49 e 52. [35] Cattaneo, Istituzioni ecclesiastiche, cit., p. 561. [36] M. S. Bellada, Codici liturgici miniati a Milano (sec. XV-XVI): l’opera di Pietro Casola e i corali di S. Maria Rossa di Crescenzago, tesi di laurea, Milano, Università Cattolica del Sacro Cuore, a.a. 1989-1990, rel. M. Ferrari; P. Fumagalli, Le litanie triduane milanesi e l’opera liturgica del canonico Pietro Casola: manoscritti e stampe, tesi di laurea, Milano, Università Cattolica del Sacro Cuore, rel. M. Ferrari, a.a. 1990-1991. [37] Rossi Minutelli, Casola, cit., pp. 375-77. [38] Le linee direttrici dell’indagine sono esposte da G. Chittolini, Premessa e C. Belloni, Presentazione, in I Canonici delle principali collegiate in età sforzesca: fonti e repertori per la storia milanese, a cura di C. Belloni et al., disponibile all’indirizzo http:\\www.rm.unina.it/Rivista1/canonici. [39] Rossi Minutelli, Casola,
cit., p. 375; M. Navoni, Casola, Pietro (1427c.-1507), in Diz. della Chiesa Ambr., cit., vol. II
1988 pp. 733-34. L’anno di nascita viene fissato sulla base di una notizia
riguardante la data di morte, 6 novembre 1507, e nella quale si indica l’età
del Casola (80 anni) a quell’epoca: E.
Motta, Morti in Milano dal 1452 al
[40] Nella lettera a
Guidantonio Arcimboldi, posta in apertura dell'edizione del Breviario del 1490 (IGI 2067), il Casola
dichiara di celebrare l'ufficio divino da più di quarant'anni, quindi la sua
entrata nel clero deve essere anteriore al 1450: Breviarium ambrosianum, Milano, Zarotto, 1490 (nelle citazioni
successive Breviarium ambrosianum 1490),
f. VIIr, lin. 21; E. Cattaneo, Il Breviario ambrosiano. Note storiche ed
illustrative, Milano, [s.n.], 1945, p. 298, lin. 23. [41] L’anno seguente, 1453, alla presenza di Davide de Lanteriis, vicario generale dell’arcivescovo Nicolò Amidano, Pietro Casola rende ragione dei benefici ecclesiastici di cui è investito, producendo la documentazione ad essi relativa: Milano, Archivio Storico Diocesano (= ASDMi), Atti di visita, Miscellanea città e pievi, XI, f. 548r; Rossi Minutelli, Casola, cit., p. 375; Visite pastorali di Milano (1423-1854), a cura di A. Palestra, Roma, Multigrafica editrice-Firenze, Monastero di Rosano, 1971 («Monumenta Italiae ecclesiastica. Visitationes», 1), p. 408. Per la chiesa di S. Tommaso: M. Langmann, Tomaso in terra amara, chiesa di S., in Diz. della Chiesa Ambr., cit., VI 1993 p. 3684. [42] Marcora, Due fratelli
arcivescovi, cit., p. 291. [43] M. Ansani, «Curiales» lombardi nel secondo ‘400: appunti su carriere e benefici,
in Roma capitale (1447-1527), a cura
di S. Gensini, [Roma], Ministero
per i beni culturali e ambientali. Ufficio centrale per i beni archivistici,
1994 («Pubblicazioni degli archivi di Stato. Saggi», 29), p. 464, n. 327. La
lettera è conservata in Archivio Storico di Milano (=ASMi), Fondo Sforzesco, Carteggio, Potenze estere, 54. Si veda anche C. Belloni, Francesco della Croce. Contributo alla storia della Chiesa Ambrosiana
nel Quattrocento, Milano, NED, 1995 («Archivio ambrosiano», 71), p. 267, n.
141. Sul Rossi si vedano in particolare le pp. 266-67 e 268, n. 146 e su
Ambrogio de Cazago, nipote di
Francesco della Croce, pp. 265-69. [44] Per la datazione della
supplica vedi n. 71. [45] Rossi Minutelli, Casola, cit. p. 375. [46] Sul meccanismo della
provvista apostolica di benefici ecclesiastici e sulle complesse trattative
messe in atto dai governi laici per controllare le nomine si veda: L. Prosdocimi, Il
diritto ecclesiastico dello Stato di Milano dall'inizio della signoria
viscontea al periodo tridentino (secc. XIII-XVI), Milano, Edizioni de
‘L’Arte’, [47] Con il termine «documenti camerali» si indicano i documenti relativi alla provvista dei benefici ecclesiastici (Libri annatarum, Introitus et Exitus, Quitanciae...): G. Chittolini, Premessa, in I canonici delle principali collegiate. I documenti relativi ai pontificati indicati sono editi in: Camera apostolica. Documenti relativi alle diocesi del Ducato di Milano (1458-1471). I «libri annatarum» di Pio II e Paolo II, a cura di M. Ansani, Milano, Unicopli, 1994 («Materiali di storia ecclesiastica lombarda [secoli XIV-XVI]») e Camera apostolica. Documenti relativi alle diocesi del ducato di Milano (1471-1484). I «libri annatarum» di Sisto IV, a cura di C. Battioni, Milano, Unicopli, 1998 («Materiali di storia ecclesiastica lombarda [secoli XV-XVI]»), d’ora in poi, rispettivamente Camera apostolica (1458-1471) e Camera apostolica (1471-1484). [48] Camera apostolica (1458-1471), cit., num. 181 (1465, giugno 16, ma
il pagamento dell’annata, in cui intervenne Casola, fu effettuato il 31 ottobre
1468), num. 190 (1466, gennaio 15), num. 191 (1466, gennaio 15), num. 194
(1466, febbraio 26), num. 23 (1466, ottobre 10), num. 207 (1466, ottobre 31),
num. 233 (1467, agosto 6), num. 243 (1468, marzo 29), num. 251 (1468, luglio
13), num. 314 (3 ottobre 1470) in nota, num. 321 (1470, ottobre 19), num. 339
(1471, marzo 5), num. 349 (1471, luglio 3), num. 351 (1471, luglio 23), num.
353 (1471, agosto 19); Camera apostolica
(1471-1484), cit., num. 2 (1471, settembre 18), num. 6 (1471, settembre
27), num. 8 (1471, ottobre 19), num. 25 (1472, aprile 27), num. 29 (1472,
maggio 27), num. 34 (1472, dicembre 5), num. 36 (1473, marzo 29), num. 41
(1473, maggio 26), num. 43 (1473, giugno 12), num. 49 (1473, novembre 6), num. [49] Per l’istituto dell’annata si veda M. Ansani, Cenni storici sulle annate, in Camera apostolica (1458-1471), cit., pp. 15-20. Ricordiamo che il Ducato di Milano si estendeva, a quell’epoca, anche in Piemonte, Emilia e Lunigiana: Ansani, «Curiales», cit., p. 424. [50] Camera apostolica (1458-1471), cit., num. 181, n. 4. [51] Ivi, num. 190 e 191. Il dato tuttavia è da ritenersi scarsamente indicativo, in quanto non si riscontra omogeneità nell’indicazione di tali titoli all’interno dei documenti. Come lettore è indicato anche in Camera apostolica (1471-1484), cit., num. 143 (1476 marzo 2). [52] Camera apostolica (1458-1471), cit., num. 194. [53] Ivi., num. 203. [54] Ivi, num. 232. Per la
chiesa di S. Vittore: G. Colombo-A.
Spiriti, Corbetta, in Diz. della Chiesa Ambr., cit., vol. II
1988 pp. 908- [55] Rossi Minutelli, Casola, cit., p. 375 e n. 44. [56] Oggi Viguzzolo (AL): D. Olivieri, Dizionario di toponomastica piemontese, Brescia, Paideia, 1965, p. 370. [57] Camera apostolica (1458-1471), cit., num. 284. [58] Con il titolo di prevosto di S. Vittore in Corbetta è menzionato in tre documenti datati 3 e 23 luglio 1471 e 19 agosto 1471: ivi, ni 349, 351 e 353. [59] Camera apostolica (1471-1484), cit., num. [60] Ivi, num. 81 (1474, 11 maggio), num. 85 (1474, 24 maggio), num. 88 (1474, 15 giugno), num. 96 (1474, 24 settembre). [61] Ivi, ni 131 e 132; L. S. Pandolfi, L'archivio di Sant'Ambrogio in Milano, in Ambrosiana. Scritti di storia, archeologia e arte pubblicati nel XVI centenario della nascita di Sant'Ambrogio, Milano, A. Faccioli, 1942, p. 247. [62] C. Kubler, Ricerche sul capitolo della chiesa di S. Ambrogio maggiore nel XV sec., tesi di laurea, Università degli Studi di Milano, a.a. 1992-93, rel. G. Chittolini, pp. 373-417, documenti num. 165-68, 171, 173/D-E, 174, 177/A, 178, 181/A-B, 182, 186-88, 199/A, 200, 206, 208, 209, 212/B, 213. E’ indicato come procuratore del capitolo nei documenti num. 174, 178, 199/A e come procuratore della soprastanzieria e sacrestia nei documenti num. 181/A-B, 182, 186, 187. Il suo nome non compare in documenti degli anni 1484, 1485, 1486, 1489, 1494-98, 1500, 1502, 1504-505. [63] Castiglioni, Gli Ordinari, cit., p. 35. [64] I Canonici delle principali collegiate, alla voce Casolis de, Pietro. [65] Per il manoscritto Triv. 141 si vedano le note 93 e 192. [66] Tommaso Crivelli, figlio di Giovanni, fu Ordinario della Metropolitana dal 1443 e morì il 26 o 27 gennaio 1476; fu canonico di S. Nazaro in Brolo dal 2 dicembre 1423 al 28 settembre 1467 e impetrò a Roma la prepositura di S. Stefano in Brolo; l'opposizione ducale lo costrinse a rinunciare alla carica a favore del candidato sforzesco Martino Marliani: I Canonici delle principali collegiate, alla voce Crivellis de, Tommaso (Masetto). Deputato della Fabbrica del Duomo di Milano negli anni 1446-49, 1452, 1455-67, 1472 (Annali della Fabbrica del Duomo, Milano, Libreria editrice G. Brigola, 1877, vol. II pp. 103, 105, 112, 120, 143, 155, 161, 171, 179, 189, 196, 204, 213, 218, 232, 238, 249, 257, 275) è ricordato da Castiglioni, Gli Ordinari, cit., p. 34, all'anno 1445. [67] Rossi Minutelli, Casola, cit., p. 375. [68] Camera apostolica (1471-1484), cit., num. 143. [69] Belloni, Francesco della Croce, cit., p. 228, n. 10. [70] Camera apostolica (1471-1484), cit., num. 195. Per la chiesa di S. Stefano in Brolo: P.B. Conti- G. Figini, Stefano Maggiore, basilica di, in Diz. della Chiesa Ambr., cit., vol. VI 1993 pp. 3558-61. [71] Il testo della supplica è trascritto in Fumagalli, Le litanie triduane, cit., p.117, num. 3/a. [72] Parma, Archivio di Stato,
Notarile, Antonio Maria Paravani, 213, 1477 maggio 27: G. Battioni, La diocesi parmense
durante l'episcopato di Sacramoro da Rimini (1476-1482), in Gli Sforza, [73] Camera apostolica (1471-1484), cit., num. 195. [74] Il testo del documento di visita è edito in Marcora, Due fratelli arcivescovi, cit., pp. 394-99, num. 14. [75] Camera apostolica (1471-1484), cit., num. 244 e num. 245, entrambi del 16 marzo. [76] Ivi, cit., num. [77] Rossi Minutelli, Casola, cit., p. 375. [78] Andrea Fagnano è ricordato tra gli ordinari a partire dal 1478: Castiglioni, Gli Ordinari, cit., p. 35 e I Canonici delle principali collegiate, alla voce Fagnano de, Andrea. Dall’intestazione delle missive citate apprendiamo che era decretorum doctor. Fu inoltre Economo dell’Arcivescovato: Marcora, Due fratelli arcivescovi, cit., p. 359; Meschini, Uno storico umanista, cit., pp. 58-59. [79] I due testi sono editi in Fumagalli, Le litanie triduane, cit., p. 119, num. 3/b. [80] La richiesta fu approvata il 31 maggio 1480: E. Cattaneo, La corporazione dei muratori e la chiesa di S. Maria de Ceppis, in Ricerche storiche sulla Chiesa Ambrosiana, X, Milano, NED, 1981 («Archivio ambrosiano», 42), pp. 165-67 e 172-74 per il testo del documento (Milano, Bibl. Ambr., Pergamene, 959). [81] Canonico di S. Ambrogio dal 4 maggio 1452, divenne ordinario della Metropolitana nel 1471 (la prima attestazione è del 21 febbraio) e nel 1484 risulta tra i canonici di S. Nazaro in Brolo (9 novembre): I Canonici delle principali collegiate, alla voce Maino del, Gentilino. Morì dopo il 19 luglio 1499, data in cui risulta ancora attestato tra i canonici di S. Ambrogio, e prima del 26 settembre 1500, quando Pietro de Borronis venne eletto suo successore nella cappellania dell’altare di S. Maria, nella basilica di S. Ambrogio: Kubler, Ricerche, cit., pp. 405-07, documenti num. 201 e 203; Castiglioni, Gli Ordinari, cit., p. 35 ricorda il Del Maino solamente all’anno 1475 e indica come data di morte il 1507. [82] Barro è frazione di
Bognanco Novarese: D. Olivieri, Dizionario di toponomastica lombarda,
Milano, Ceschina, 1961, p. 73. La controversia fu in realtà risolta dalla morte
dei due contendenti: Camera apostolica (1471-1484),
cit., num. [83] Rossi Minutelli, Casola, cit., p. 375 e Fumagalli, Le litanie triduane, cit., p. 1; il testo dell'arbitramento è edito in Fumagalli, Le litanie triduane, cit., p. 108-112, num. 1 (ASMi, Fondo di religione, p.a., cart. 145, 1481 marzo 7). Nel testo è indicato solo il nome del cimiliarca in carica: Antonius, probabilmente da identificare con Antonio de Calvis, registrato come «ordinarius et cimiliarca» da Castiglioni, Gli Ordinari, cit., p. 35 all’anno 1446. Secondo il Castiglioni il Calvi morì nel 1507. Più attendibili i dati che si ricavano da I Canonici delle principali collegiate, alla voce Calvis de, Antonio: figlio di Giovanni, Antonio Calvi sarebbe attestato come canonico e cimiliarca dall’11 dicembre 1452 e morì prima del 22 novembre 1483. Sulla figura e le mansioni del Cimiliarca: G. Monzio Compagnoni, Cimiliarca, in Diz. di liturgia ambr., cit., p. 142-46. [84] Annali della Fabbrica del Duomo, cit., vol. III 1880 pp. 1, 73, 85, 119, 124, 127. [85] Si veda Rationale cerimoniarum misse ambrosiane,
Milano, Ambrogio de Caponago, 1499 (IGI 2543), f. b viii verso-c recto: «Subiectis
igitur nonnullis cerimoniis oculo corporali gręcorum sacerdotum, dum in
Cretensi insula moram traherem, mentem concepi eundem antistitem sanctissimum
aliqua ex ipsi sumpsisse». Nel diario aveva registrato alcune somiglianze tra
il canto ambrosiano e il modo di cantare dei greci: «Del cantare facevano dicti
greci ne pigliai grande admiratione, perché a me pariva cantasseno con grande
discordantie; pur credo fosse al proposito de la causa, perché facevano dicta
processione che era de mestizia. E tanto più m’el fa credere la costuma de [86] M. Miglio, Bussi, Giovanni Andrea, in DBI, cit., vol. XV 1972 pp. 565-72; Bussi, Prefazioni, cit., pp. XVII-XXIX. Per il catalogo delle opere stampate da Conrad Sweynheym e Arnold Pannartz si veda BMC IV 15 e Bussi, Prefazioni, cit., pp. 83-84. [87] Insegnante di arte
oratoria tra il 1469 e il 1472, entrò in società con i fratelli Antonio e
Fortuna Zarotto e Gabriele Orsoni il 19 febbraio 1472. Egli avrebbe assunto la
direzione editoriale dell’impresa, indicando i testi da stampare, e ne avrebbe
corretto le bozze. Il 20 maggio dello stesso anno il Montano, l’Orsoni e
Antonio Zarotto stipularono un secondo accordo con Pietro Antonio e Nicola
Castiglione e Gabriele Paveri Fontana: santoro,
Gli inizi, cit., pp. 876-77; Garin, La cultura milanese, cit.,
pp. 566-68; Rogledi Manni, La tipografia a Milano, cit., pp. 24-25; Ganda, I
primordi, cit., pp. 27-28 e 34..
La società si sciolse perché il Montano aveva fatto stampare libri da altri
tipografi senza il consenso dei soci: prima di cadere in disgrazia presso gli
Sforza collaborò infatti anche con Filippo di Lavagna e Cristoforo Valdarfer. Al Montano furono attribuiti mordaci epigrammi contro il Paveri
Fontana, che dal 1473 era precettore del fratello del duca. Imprigionato, fu
poi condannato alle verghe ed esiliato. Mentre si trovava nei pressi di
Bologna, fu arrestato per volere di Lorenzo il Magnifico, che lo fece
strozzare: Garin, La cultura milanese, cit., pp. 566-68; Rogledi Manni, La tipografia a Milano, cit., pp. 29-30
e 36; Ganda, I primordi, cit., pp.
39- [88] Piacentino, il Paveri
Fontana fu allievo di Francesco Filelfo e poi suo apologista. Insegnò retorica
a Milano e, oltre a comporre in versi e prosa, si dedicò al commento e
all’edizione di testi classici, collaborando con Antonio Zarotto. Spirito
polemico, oltre che col Merula, si scontrò con il Pontano e con Cola Montano.
Nell’incarico di insegnante di retorica fu suo successore Giulio Emilio
Ferrari: Sassi, Historia, cit., coll. [89] Per il Minuziano: C. Dionisotti, Notizie di Alessandro Minuziano, in Miscellanea Giovanni Mercati, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1946, vol. IV pp. 327-72, Santoro, Gli inizi, cit., p. 881, R. Petrera, Alessandro Minuziano umanista, editore, maestro dell’arte della stampa a Milano nel secolo XV, Roma, Minutianadaricadrion, 1975; E. Sandal, Editori e tipografi a Milano nel Cinquecento, BAden-Baden, V. Koerner, 1978, vol. II pp. 13-23 e 24-41 (annali tipografici); Ganda, I primordi, cit., pp. 57, 59, 166; F. Ascarelli- M. Menato, La tipografia del ‘500 in Italia, Firenze, Olschki, 1989 («Biblioteca di Bibliografia italiana», 116), p. 145. [90] Sul Puteolano, allievo di
Francesco Filelfo, e insegnante in Milano si veda: Sassi, Historia,
cit., coll. [91]
Pietro Giustino Filelfo si stabilì a Milano nel 1476, anno in cui morì [92] Ganda, I primordi della tipografia milanese, cit., pp. 57-59. [93] Il diario è conservato dal manoscritto Triv. 141: Viaggio di Pietro Casola a Gerusalemme, ed. G. Porro, Milano, Tip. Ripamonti, 1881 e Viaggio a Gerusalemme, cit. Il testo fu anche tradotto in inglese: M. Newett, Canon Pietro Casola's pilgrimage to Jerusalem in the year 1494, Manchester, University Press, 1907. La traduzione di Margaret Newett è disponibile on-line sul sito della Colorado State University-Pueblo: http://chass.colostate-pueblo.edu/history/seminar/casola.htm. [94] In provincia di Bergamo: Olivieri, Diz. di toponom. lombarda, cit., p. 125. [95] In provincia di Brescia: Olivieri, Diz. di toponom. lombarda, cit. p. 308. [96] Figlio di Pietro
Trivulzio e Laura Bossi. Dopo aver contratto matrimonio per volere dei
genitori, entrò nel convento milanese di S. Angelo dei Minori osservanti. Nel
1488 ricoprì la carica di Padre provinciale per [97] Viaggio a Gerusalemme, cit., pp. 73-168. [98] Si tratta probabilmente
di Augusto, figlio di Benedetto del fu Luca, fratello di Ambrogio Contarini,
conosciuto per il suo viaggio presso Ussun-Cassan, re di Persia (il resoconto
del viaggio di Ambrogio fu stampato per
la prima volta a Venezia da Annibale Fossi il 16 I 1487: IGI 3182, GW 7443, BMC
V 408). [99] Di
famiglia veneziana, dedita ai commerci con l’Oriente, fu in Siria e in Egitto
nel 1462, insieme ad uno dei suoi zii. A venticinque anni entrò nell’ordine
francescano e fu inviato a Beirut e in Terrasanta. Rientrò a Venezia nel 1484 e
ripartì nel 1493 per il Cairo, dopo essere stato eletto Custode di Terrasanta e
Vicario papale per tutto l’Oriente. Rimase in carica fino al 1495. Nel 1513 fu
imprigionato dagli arabi d’Egitto. Liberato qualche tempo dopo, tornò in
Italia, dove si trovava ancora nel 1519. Lasciò notizia dei suoi viaggi in un Trattato di Terrasanta e dell’Oriente:
F. Suriano, Il trattato di Terra Santa e dell’Oriente, ed. G. Golubovich, Milano, Artigianelli,
1900; Viaggio a Gerusalemme, cit., p.
331. [100] Viaggio a Gerusalemme, cit., pp. 168-223. Il diario di viaggio di Pietro Casola è ricordato anche da P.E. Fralleone, Pellegrini e case nove, in Custodia di Terra Santa 1342-1942, pref. di P.V. Corbo, Gerusalemme, Tip. dei Padri Francescani, 1951, p. 127. [101] Viaggio a Gerusalemme, cit., pp. 223-71. [102] Viaggio a Gerusalemme, cit., pp. 271-79; Rossi Minutelli, Casola, cit., p. 375. [103] Il decano è menzionato da Castiglioni, Gli Ordinari, cit., p. 23 come quinta dignità all'interno del Capitolo Metropolitano. [104] Rossi Minutelli, Casola, cit., p. 376. V. Forcella, Iscrizioni delle chiese e degli altri edifici di Milano, Milano, G. Prato, 1891, vol. VIII p. 60, ricorda una sua epigrafe presso il Pio albergo, a sinistra della porta degli Uffici. [105] ASDMi, Atti di visita, Metropolitana, XXVI, fasc. [106] Motta, Morti in Milano, cit., p. 273 e n. 2.; M. Magistretti, Del «Quodlibet» di Francesco Castelli e del preposto Giovanni Pietro Visconti di Mafiolo, in «Arch. st. lomb.», s. V, a. XLV 1918, p. 14 n. 1. Il Sassi, Historia, cit. col. 318 indica come anno di morte il 1508. [107] A. M. Cuomo, Ambrogio Varese: un rosatese alla corte di Ludovico il Moro, Rosate, Amministrazione comunale, 1987; Motta, Morti in Milano, cit., p. 254: medico, professore e astrologo moriva a Fagnano sul Naviglio a 85 anni (27 ottobre 1522). [108] Rossi Minutelli, Casola, cit., p. 376. [109]
Rispettivamente ASMi, Fondo di religione,
p. a., 150, cass. 22, cart. C2, 5, f. 585 e [110] Breviarium ambrosianum, 1490 (IGI 2067), f. VIIr-v, edita in Cattaneo, Il Breviario, cit., pp. 298-99. [111] Rationale cerimoniarum misse ambrosiane, Milano, Ambrogio de Caponago, 18 VI 1499 (IGI 2543), f. a ii recto-verso. [112] Si veda ad esempio il monito ai sacerdoti perché scelgano con cura la formula conclusiva delle orazioni, in modo da non apparire illetterati (Rationale cerimoniarum misse ambrosiane, Milano 1499, ff. a iiii verso-a v recto), la strenua difesa del rito ambrosiano contro coloro che non lo comprendono e lo deridono ai ff. b viii verso-c verso e d vi recto-verso. [113] E’
accolta la proposta di datazione avanzata da The illustrated Incunabula Short-Title Catalogue on CD-rom,
Reading, Primary Source Media -London, The British Library, 19982.
L’ unico esemplare noto di questa edizione è conservato presso [114] Il
nome dello stampatore compare nel contratto per la stampa del Breviario in questione (ASMi, Notarile,
Capitani Antonio q. Cristoforo Elia, filza 1948), ritrovato da Arnaldo
Ganda: A. Ganda, Iacopo Sannazaro della Riva stampatore di un
breviario ambrosiano del 1487 (IGI 2066-A; GW 5250), in « [115] Prima del 1490 si contano invece 5 edizioni in folio di Breviario Romano: Venezia, Nicolas Jenson, 1478 (GW 5101); [Albi: Johann Neumeister?] (GW 5102); Venezia, Nicolaus Girardengus, VI.1481 e 20.VI. 1482 (GW 5104); Venezia, Octavianus Scotus, 1482 (GW 5106); Venezia, Andreas Torresanus, 20.X.1487 (GW 5107). [116] Misure dell’esemplare Milano, Bibl. del Capitolo Metropolitano, ii G 1-9. [117] La
descrizione bibliografica segue lo schema proposto da GW con alcune indicazioni
in più relative al contenuto: [118] I libri liturgici ambrosiani presentano una particolare organizzazione del Santorale e del Temporale, che si mantenne fino alla revisione condotta per volontà di s. Carlo Borromeo: la pars hiemalis ha inizio con il Santorale invernale, da s. Martino [11.XI] a s. Tommaso apostolo [21.XII], seguito dal Proprio del Tempo dal I sabato di Avvento alla V domenica dopo l’Epifania; si prosegue con il Proprio dei Santi dalla festa dei ss. Sebastiano e Solutore [20.I] fino a s. Gregorio [12.III] (con oscillazioni dovute alla maggiore o minore ricchezza del Santorale) e con il Proprio del Tempo dalla Settuagesima al Sabato santo. Con il Sabato santo ha termine la pars hiemalis, mentre l’ufficio di Pasqua apre la pars aestiva: in genere il Proprio del Tempo prosegue fino alla Pentecoste, o in codici più recenti fino al Corpus Domini; segue il ciclo completo del Santorale estivo e la serie delle domeniche dopo Pentecoste. [119] La collocazione degli esemplari conosciuti, salvo diversa indicazione, è desunta da The illustrated ISTC on CD-rom, cit.. Ove possibile è stata aggiunta la segnatura degli stessi. [120] L’esemplare Inc. 2002 presenta un’elegante decorazione a filetti su tutte le iniziali delle orazioni e delle letture, mentre la seconda lettera di ogni testo è ornata in inchiostro giallo. Gli spazi che dovevano ospitare miniature sono invece rimasti bianchi. Il volume appartenne alla Cattedrale milanese, come attestano due note di possesso successive apposte forse dalla stessa mano sul verso del secondo foglio di guardia posteriore, entrambe erase e leggibili con l’ausilio della lampada di Wood: «Hic liber est ecclesie maioris <Me>diolani», «Hic liber est ecclesie maioris». Molto più interessante appare l’ornamentazione dell’esemplare Inc. 2025, completo delle miniature, in genere ben conservate. L’incunabolo è inoltre ornato a f. 2v da uno stemma a bucranio, partito di due e troncato di due, con cuore, angoli del cuore e della punta in oro, capo, punta e fianchi in verde. Lo stemma è inserito in un medaglione e accompagnato dalle iniziali M C. Più avanti, a f. 139r, lo stesso stemma è inserito in una corona d’alloro ed è accompagnato dalle iniziali M CV. I colori dello stemma coincidono con quelli dell’arma della famiglia Cusani: V. Spreti, Enciclopedia storico-nobiliare italiana, Sala Bolognese, A. Forni, 1981 (ristampa dell’ed. Milano 1928-36), vol. II pp. 592-93. Forse il volume appartenne a Modesto de Cusano, ordinario della Cattedrale dal 24 gennaio 1485, poi primicerio: I canonici delle principali collegiate, cit., alla voce Cusano de, Modesto. Si veda anche Castiglioni, Gli Ordinari, cit., p. 35. Anche l’esemplare Inc. 2025 presenta una scritta erasa, illeggibile, sul primo foglio del Calendario. [121]
L’incunabolo XV/3 (9) è sconosciuto ai repertori. Miniato e ornato dallo stemma
del Casola, si conclude con l’aggiunta di un bifoglio su cui sono stati
trascritti, forse dallo stesso Casola, gli incipit
dei canti della messa per le festività (mancano il Natale e [122] Per
Triv. Inc. A 99: Milano e gli Sforza:
Gian Galeazzo Maria e Ludovico il Moro (1476-1499): mostra documentaria e iconografica
in occasione del Convegno internazionale «Milano nell’età di Ludovico il Moro».
Biblioteca Trivulziana - Castello Sforzesco. Milano, 28 febbraio - 20 marzo [123] Breviarium ambrosianum [124] Breviarium ambrosianum [125] Breviarium ambrosianum [126] Breviarium ambrosianum [127]
Sono stati esaminati i seguenti manoscritti: Busto
Arsizio, Bibl. Capitolare di S. Giovanni Battista M.I.6 (sec. XIII, Manuale), Milano, Ambr. A 1 inf. (sec. XII, Manuale),
A 246 suss. (sec. XI, Manuale), C 23
inf. (ante 1336, Manuale), G 1 sup. (sec. XV, Breviario), G 41 sup. (sec. XV, Manuale), I 27 sup. (sec. XII, Manuale), I 55 sup. (sec. XI, Manuale), L 20 sup. (sec. XV, Breviario), T 103 sup. (sec. XI, Manuale), X 22 sup. (sec. XIV, Manuale),
Y 18 sup. (sec. XV, Manuale), + 56
sup. (sec. XV, Manuale), Trotti 414
(sec. X-XI, Manuale), Braid. AG.XII.4
(sec. XV, Manuale, segnalato
in G. Baroffio,
Iter liturgicum ambrosianum.
Inventario sommario di libri liturgici ambrosiani, in «Aevum», a. LXXIV
2000, p. 588 con segnatura AG.XI.1.4 e a p. 596 con segnatura AG.XII.4), Cap. Metrop. II D 2-28 (1269, Manuale), II D 2-30 (sec. XI, Manuale), II D 3-6 (olim II D 2-36, sec.
XV, Manuale), II D 5-15 (olim II D 3-8,
ante 1446, Breviario), II D 5-16 (olim II D 3-6, ante 1430, Breviario), II
D 5-18 (olim II D 3-7, sec. XV, Manuale),
II E 3-31 (olim II E 1-1, post 1457, Breviario), Triv. 457 (ante 1446, Breviario), 546 (sec. XIV, Manuale), 2262 (sec. XIV,
Manuale, indicato in Baroffio, Iter, cit. p. 588 con la
vecchia segnatura 2260 e a p. 596 con la segnatura attuale), Solesmes, Abbaye St.-Pierre Réserve 47
(sec. XI, Manuale, proveniente da
Milano, S. Ambrogio). Abbiamo escluso alcuni
manoscritti citati dalla bibliografia, perché è stato possibile stabilire che
non si trattava né di Manuali né di Breviari ambrosiani: Besançon, Bibl. Municipale 58, Busto Arsizio, Bibl. S. Giovanni
M.2.11; Milano,
Bibl. Ambr. A 109 sup., A 189 inf., I 152 inf. (Beroldus), M 25 sup., Y 10 sup., Y 17 sup.; Milano, Bibl.
S. Ambr. M 25, M 26, M 53; Milano, Bibl.
Cap. Metrop. II E 3-8; Milano, Bibl.
Naz. Braid. AD XII 22. Non abbiamo inoltre considerato i manoscritti per
i quali le descrizioni pubblicate non fornivano informazioni sufficienti: Cambridge, Fitzwilliam Museum 351;
Città del Vaticano, Bibl. Apost.
Vaticana, Borg. Lat. 212, Como, Bibl. Comunale, 1.1.7;
London, British Library, Egerton
2865. Tutti manoscritti indicati
sono segnalati in Baroffio, Iter, cit. p. 588-89 e 595-96, tranne i
codici Ambr. A 109 sup., G 1
sup., G 41 sup., L 20 sup., Y 10 sup., Y 17 sup. Y 18 sup., + 56 sup., Braid.
AD XII 22, Cap. Metrop. II D 3-8, II D 5-15 (olim II D 3-8), S. Ambr. M [128] Con il termine “formulario” si indica l’insieme di tutti i testi per l’ufficio di un giorno liturgico: G. Baroffio, Glossario, in Acolit. Autori cattolici e opere liturgiche. 3 Opere liturgiche, Milano, Editrice bibliografica, 2004, p. CIII. [129] Gli esemplari esaminati presentano differenze più o meno marcate, che riguardano per lo più la collocazione del Proprio delle domeniche post Pentecosten. Tali differenze possono essere legate alla dipendenza da modelli diversi o a particolari esigenze o richieste dei committenti e rivelano l’estrema libertà di cui godevano i compilatori di libri liturgici. [130] Così nel Breviarium del 1490. [131] Breviarium ambrosianum [132] Magistretti le ritenne sussidio indispensabile per la comprensione dell’ufficio divino ambrosiano del tempo: Manuale ambrosianum, cit., vol. I p. 40. [133] Breviarium ambrosianum [134] Cattaneo, Il Breviario, 54-57: la costituzione è edita alle pagine 293-97. Per le letture si vedano in particolare p. 294-95. Sul Pizolpasso: M. Ferrari, Pizolpasso, Francesco (1370 c. - 1443), in Diz. della Chiesa Ambr., cit., vol. V 1992 pp. 2891-93; M. Navoni, Pizolpasso, Francesco (1370 c. - 1443), in Diz. di liturgia ambr., cit., pp. 391-93 [135] Per l’Avvento troviamo Is 1, 1-12 (Breviarium ambrosianum 1477 ca., f. p ii r-v), dopo l’Epifania Eph 1, 1-14 (Brev. ambr. 1477 ca., f. z ii r-v) e nelle settimane tra la domenica in Septuagesima e la domenica in caput Quadragesimae Gn 1, 1-12 (Brev. ambr. 1477 ca., f. z iii r). Nelle ferie quaresimali sono indicate letture patristiche, mentre non è offerta alcuna indicazione per il periodo compreso tra la domenica in albis depositis e l’Avvento. [136] Breviarium ambrosianum [137] Breviarium ambrosianum [138] E’ il caso delle feste di s. Antonio abate, s. Gerolamo, s. Apollonia e s. Ambrogio de la victoria: E. Cattaneo, L’evoluzione delle feste di precetto a Milano dal secolo XIV al XX. Riflessi religiosi e sociali, in Studi in memoria di Mons. Cesare Dotta, Milano, NED, 1956 («Archivio ambrosiano», 9) pp. 126-27, 129, 135. [139]Analecta Hymnica Medii Aevi (d’ora in
poi AH), ed. G. M. Dreves, [140] Sono conosciuti fino ad ora 19 uffici ritmici, una Missa pro Terra sancta, comprendente solo le orazioni e il prefazio e alcuni brani isolati, tra cui antifone e responsori e alcuni inni: F. Peruzzo¸ Orrico Scaccabarozzi: un arciprete poeta nella Milano del XIII secolo, in «Aevum», a. LXXVI 2002, pp. 347-51. [141] Si veda il testo della citata Constitutio archiepiscopalis: Cattaneo, Il Breviario, cit., p. 295, lin. 104. [142] Per i problemi posti dall’attribuzione dell’opera si veda la breve sintesi proposta da Cattaneo, Il Breviario, cit., pp. 41-44. Lo Speculum è tradito dal Beroldo ambrosiano (Ambr. I 152 inf.), ai ff. 110v-132v, dal Beroldus novus (Cap. Metrop. II D 2-28) ai ff. 351r-365r, e dalla copia da esso tratta nel 1396, ora Triv. 2262: Magistretti, Beroldus, cit., pp. XXVIII-XXIX; Forzatti Golia, Le raccolte di Beroldo, cit., pp. 313 e 338. Il testo è edito in Manuale ambrosianum, cit., vol. I pp. 114-42. Per l’opera di Amalario Liber officialis: Amalarii episcopi opera liturgica omnia, ed. I. M. Hassens, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1948 («Studi e testi», 139), vol. II. [143] L’autore dello Speculum, come si evince da indicazioni fornite nel testo, si proponeva di commentare tutte le ore, ma l’esposizione si arresta allo psalmus directus di Mattutino. [144] Manuale ambrosianum, cit., vol. I pp. 118-19. [145] Ivi, vol. I p. 120. [146] Ivi, vol. I p. 121. [147] Cattaneo, Il Breviario, cit., p. 41; per la redazione edita da Del Maino: Breviarium ambrosianum 1487, ff. 391v e seguenti. Per il trattato del Durando: Guillelmi Duranti Rationale divinorum officiorum, ed. A. Davril- T. M. Thibodeau, Turnhout, Brepols, 1995-2000 («Corpus Christianorum. Continuatio Mediaevalis», 140, 140A, 140B), vol. I-III. [148] Solo in tre punti viene espressamente menzionata l’azione rituale: si ricorda l’accensione dei ceri all’inizio della salmodia, la prassi di assegnare al vescovo l’ultima lettura nel mattutino di Parasceve e il modo di condurre la processione durante il canto dell’antifona ad crucem. Un ulteriore accenno alla prassi riguarda il canto del salmo diretto. Nella versione originale dello Speculum, edita da Magistretti, è invece sempre specificato il ministro che compie l’azione: Manuale Ambrosianum, cit., vol. I pp. 114-42. Del Maino sentì inoltre l’esigenza di completare l’esposizione, illustrando brevemente le altre ore canoniche, che vengono considerate tappe della passione di Cristo. Non ho identificato la fonte di questi passi. [149] Breviarium ambrosianum [150] Breviarium ambrosianum, Milano, Zarotto, [151] Breviarium ambrosianum [152] L’Innario comprende quindi solo gli inni Splendor paterne glorie, Deus creator omnium, Eterne rerum conditor e il cantico Magnificat: ff. D v verso- D vi verso. [153] L’unico inno che viene conservato nell’ufficio corrispondente (f. 396r), è Auctorem sui nominis (AH 22, 94), per s. Eufemia, ma esso si trovava già all’interno del formulario proprio per la santa nell’edizione del 1490. [154] Breviarium ambrosianum 1490, ff. 1r-2v e 10v. [155] Misure dell’esemplare Milano, Ambr. Inc. 510. [156] La
descrizione offerta da GW è stata precisata: [157] La collocazione degli esemplari è desunta da The illustrated ISTC on CD-rom, cit., le segnature dai cataloghi delle rispettive biblioteche. [158] Sassi, Historia, cit., coll. 382D-383A; Rogledi Manni, La tipografia a Milano, cit. scheda 570. Arcangelo Ungardo fu vicario della chiesa parrocchiale di S. Zenone in Pasquirolo di Milano nel 1468 e nel 1472. L’edizione delle Litaniae non è datata, ma la data può essere stabilita sulla base di informazioni tratte dalla prefazione e del tipo di carattere impiegato. Egli proseguì la propria attività dedicandosi ad edizioni di classici: Rogledi Manni, La tipografia a Milano, cit., pp. 43-44 e 253. [159] Le
Litanie triduane si tenevano a Milano nelle tre ferie precedenti l’Ascensione e
prevedevano una lunga processione che partiva dalla cattedrale e ad essa
ritornava, facendo tappa in numerose chiese della città: Sassi, Historia, cit. coll. 383-89; P. Dell’Acqua,
Litanie minori, in
«Ambrosius», a. X 1934, pp. 111-12; P.
Borella, Le litanie triduane
ambrosiane, in «Ambrosius», a. XXI 1945, pp. 40-50; I. Schuster, Le
litanie triduane nella liturgia ambrosiana, in «Rivista diocesana milanese»,
a. 1938, pp. 367-71; E. T. Moneta Caglio,
Litanie triduane, in Diz. della Chiesa Ambr., cit., vol. III
1989 pp. 1735-37. All’opera di Pietro Casola al riguardo è dedicato il lavoro
di Fumagalli, Le litanie triduane, cit., con particolare attenzione all’incunabolo
Cap. Metrop. II G 3-14. La grande devozione dei milanesi nei confronti delle
litanie triduane è testimoniata anche da un’opera di tutt’altro tenore, il De supplicationibus maiis di Angelo
Decembrio. Il trattatello prende le mosse da una disputa avvenuta tra giovani
incontratisi nella basilica di S. Ambrogio in occasione delle celebrazioni, per
offrire ampi ragguagli sulle manifestazioni della religione pagana: F. Gualdoni, Dal De supplicationibus maiis al
De religionibus et caerimoniis:
vicende di un testo inedito di Angelo Decembrio, in «Italia medioevale e
umanistica», a. XLI 2000, pp. 179- [162] G. Morello, Libri d’Ore della Biblioteca Apostolica Vaticana. Catalogo della mostra. Salone Sistino, [Zürich], Belser, 1988. [163] I libri d’ore della Biblioteca Ambrosiana, a c. di C. Marcora, Milano, L’Ariete, 1973, pp. 76-79, 105-06, 179, 191. [164] Libri d’ore della Biblioteca civica di Bergamo, introd. a c. di L. Cortesi- L. Mandel, Cinisello B., A. Pizzi, 1971 («Monumenta Bergomensia», 29), p. 19-20. [165] Emblematico è al riguardo un decreto del 31 gennaio 1485, emanato dal Capitolo Metropolitano nei confronti dei cappellani della cattedrale, i quali non assolvevano ai propri doveri durante le celebrazioni e si facevano sostituire «per alios ignaros et variis gramatice vitiis notatos aliosque minus idoneos et qui legere nesciunt deserviri faciendo, in maximum cleri obprobrium et populi confusionem et scandalum plurimorum»: Marcora, Due fratelli arcivescovi, cit., p. 370. [166] Misure dell’esemplare Milano, Cap. Metrop. II G 3-15. [167] La descrizione segue la traccia offerta da BMC VI 723. Ho aggiunto le indicazioni relative alle ore di Prima, Terza, Sesta e Nona. [168] La collocazione degli esemplari conservati è desunta da The illustrated ISTC on CD-rom, cit. Ove possibile sono state aggiunte le segnature. [169] Per il Minuziano vedi n. 89. [170] Rationale cerimoniarum misse ambrosiane [171] Sassi, Historia, cit., col. [172] Magistretti, Beroldus, cit., pp. 183-85. La descrizione della messa data dalla Restauratio si arresta però al canone. Su Francesco da Parma: R. Perelli Cippo, Fontana, Francesco († 1308), in Diz. della Chiesa Ambr., vol. II 1988 pp. 1250-51; M. Navoni, Fontana, Francesco († 1308), in Diz. di liturgia ambr., cit., pp. 215-16. [173] E. Cattaneo, L’esposizione della messa ambrosiana donata da Cicco Simonetta al re di
Francia, in «Ambrosius», a. XXIX 1953, pp. 180-87, con edizione del testo; Belloni, Francesco
della Croce, cit., p. 242.
Sul Della Croce: M. Ferrari, Un bibliotecario milanese del Quattrocento:
Francesco della Croce, in Ricerche
storiche sulla Chiesa Ambrosiana, Milano, NED, 1981 («Archivio ambrosiano»,
42), vol. X pp. 175-261; M. Ferrari, Della Croce, Francesco († 1479), in Diz. della Chiesa Ambr., cit., vol. II
1988 pp. 1020-21; F. Petrucci, Della Croce, Francesco, in DBI, cit., vol. XXXVI 1988 pp. 794-96; Belloni, Francesco della Croce, cit.; M.
Navoni, Della Croce, Francesco
(† 1479), in Diz. di liturgia ambr., cit., pp. 181-83. [174] G. Monzio Compagnoni, Un trattato rituale trecentesco: il ‘Liber
celebrationis misse ambrosiane’ di Giovanni Bello de Guerciis, in Ricerche storiche sulla Chiesa ambrosiana,
Milano, NED, 2001 («Archivio ambrosiano», 86), vol. XIX pp. 73- [175] Proemio, in Monzio Compagnoni, Un trattato rituale, cit., p. 109, ll. 4-20. [176] Rationale cerimoniarum misse ambrosiane, f. c iiii verso. [177]
L’opera che gli valse questo soprannome è lo Speculum iudiciale (o iuris): Guillelmi Durandi Rationale, cit., vol. III p. VII. Sul vescovo
giurista e la sua opera: Guillaume Durand, Éveque de Mende (v.
1230-1296): Canoniste, liturgiste et homme politique. Actes de [178] Nell’ordine: Liber primus, de ecclesia et ecclesiasticis locis et ornamentis, de
consecrationibus et sacramentis; liber secundus, de ministris et ordinibus
ecclesiasticis et eorum officiis; liber tertius, de indumentis seu ornamentis
sacerdotum atque pontificum et aliorum ministrorum; liber sextus, de officiis
dominicarum et quarumdam feriarum et festivitatum Domini et ieiuniorum quatuor
temporum. [179] Il referimento ai messali antichi è esplicito nel commento alla frazione del pane, accompagnata al tempo di Casola dalle parole «Corpus tuus fragitur Christe, calix benedicitur, sanguis tuus sit semper ad vitam et salvandas animas nostras» (f. b iii recto), all’inizio del canone (f. e iiii recto-verso). [180] Sulle funzioni della schola dei Vecchioni: F. Ruggeri, Vecchioni, in Diz. della Chiesa ambr., cit., vol. VI 1993 pp. 3850-51. [181] Decreti secunda pars, causa XXXIII, quaestio III [Tractatus de penitencia], in Decretum magistri Gratiani, in Corpus iuris canonici, ed. Ae. Friedberg, Lipsiae, B. Tauchnitz, 1922, vol. I coll. 1159-1247. [182] Decreti tertia pars de consecratione, in Decretum, cit., vol. I coll. 1293-1424. [183] Guillelmi Durandi Rationale, cit., vol. III p. 229. Per le fonti citate si vedano in particolare le pp. 29-31 e 239-45. [184] IGI registra dodici edizioni apparse in Italia prima del 1499: Roma, Ulrich Han e Simone Cardella, 23.VI.1473 (IGI 3617); Roma, Georg Lauer, 20.II.1477 (IGI 3623); Roma, Georg Lauer, 16.X.1477 (IGI 3624); Vicenza, Hermann Liechtenstein, 1478 (IGI 3625); Napoli, Mattia Moravo, 28.VII.1478 (IGI 3636); [Treviso, Michele Manzolo], 1479 (IGI 3628); Vicenza, Hermann Liechtenstein, 1480 (IGI 3629); Venezia, Gerog Walch, 18.V.1482, (IGI 3632); Venezia, Erhard Ratdolt, 8.XII.1485 (IGI 3635); Venezia, Guglielmo Anima Mia, 20.XI, 1487 (IGI 3638); Venezia, Boneto Locatello, 7.IV.1491 (IGI 3640), Venezia, Simone Bevilacqua, 14.III.1494 (IGI 3642). [185]
Casola utilizza un lessico di ascendenza biblica: «sterquilinium» rimanda
infatti alla figura di Giobbe coperto di piaghe (Iob 2,8) e al destino dei morti insepolti profetizzati da Geremia (Ier 8,2; 16,4; 25,33). Non è difficile
tuttavia riconoscere in essa il parallelo di espressioni analoghe (tenebris, carcere, squalore et sordibus,
…), che ricorrono con una certa
frequenza negli epistolari umanistici, per indicare lo squallore del luogo in
cui i codici riscoperti erano abbandonati: R. Sabbadini, Le scoperte dei
codici latini e greci ne’ secoli XIV e XV, Firenze, Sansoni, 1967 («Biblioteca
storica del Rinascimento», 4*), vol. I pp. 56 n. 83, 80 n. 39, 81-82 n.
41, 101, 104, 110. [186] Sabbadini, Le scoperte, cit., vol. I pp. 156-64; M. Ferrari, Le scoperte a Bobbio nel 1493: vicende di codici e fortuna di testi, in «Italia medioevale e umanistica», a. XIII (1970), pp. 139-80. [187] Misure dell’esemplare Cap. Metrop. II G 3-8. [188] La collocazione degli esemplari conservati è desunta, salvo ove diversamente indicato, da The illustrated ISTC on CD-rom, cit.. Le segnature sono desunte dai cataloghi delle rispettive biblioteche. [189] I due esemplari sono stati individuati mediante la consultazione del Catalogue collectif des bibliothèques de France (http:\\www.ccfr.bnf.fr). [190] Questo esemplare appartenne al canonico del Duomo Francesco Castelli, come appare da una nota autografa posta sul primo foglio di guardia. Il Castelli appose anche numerose note nei margini del libro: alcune di esse sono correzioni, che segnalano un cambiamento nei testi che venivano recitati. Sul Castelli si veda: M. Palma, Castelli, Francesco, in DBI, cit., vol. XXI 1978 pp. 713-14; F. Ruggeri, Castelli, Francesco (1505 c.- 1578), in Diz. della Chiesa Ambr., cit., vol. II 1988 pp. 745-46. [191] Foffano, Edizioni del secolo XV, cit., p. 442 num. 12. [192] Il testo è tradito dal manoscritto Triv. 141, sec. XV ex.-XVI in., cart., ff. 166, 185 x 277, scrittura di mano del sec. XV, come le correzioni apposte nei margini e nell’interlinea. Ai ff. 1r-165v si trova il testo del diario di Pietro Casola, acefalo e mutilo, mentre f. 166 contiene notizie sull’opera e su un possibile proprietario, Geronimo della Casa di Fromb. La scrittura di f. 166 è di mano cinquecentesca. Mancano inoltre i ff. 63 e 64, con parte della descrizione dell’isola di Candia. Il manoscritto fu usato, nel corso del XVIII secolo, da Carlo Trivulzio che se ne servì per ricostruire gli ultimi mesi del beato Francesco Trivulzio. Egli appose inoltre nei margini didascalie che sottolineano le notizie principali: G. Porro, Catalogo dei codici manoscritti della Trivulziana, Torino, Fratelli Bocca, 1884 («Biblioteca storica italiana pubblicata per cura della R. Deputazione di Storia patria», 2), pp. 60-61; C. Santoro, I codici medioevali della Biblioteca Trivulziana, Milano, Comune di Milano, Biblioteca Trivulziana, 1965, p. 22; Milano e gli Sforza, cit., p. 229; Viaggio a Gerusalemme, cit., pp. 61-63. [193] Felice et divoto ad Terrasancta viagio facto per Roberto de Sancto Severino (1458-1459), a cura di M. Cavaglià- A. Rossebastiano, Alessandria, Ed. Dell’Orso, 1999 («Oltremare», 9). [194] Felice et divoto, cit., pp. 7-31. [195] Viaggio in Terrasanta di Santo Brasca, 1480.
Con l’itinerario di Gabriele Capodilista [196] Viaggio a Gerusalemme, cit., p. 191. [197] Ivi, pp. 55-56. [198] Notizie del loro viaggio si ricavano da alcune lettere a Galeazzo Maria Sforza: E. Motta, Gian Giacomo Trivulzio in Terrasanta, in «Arch. st. lomb.», s. II, a. XIII 1886, pp. 866-78. [199] G. Castiglione, Fiore di Terra Santa, Roma, Eucharius Silber, [dopo il 2 V 1491]: IGI 2558, GW 6174. L’opera fu ristampata altre due volte nel corso del Quattrocento: Messina, Georg Ricker, [c. 1497] (IGI 2559, GW 6175) e Wilhelm Schömberger, 6 VIII 1499 (IGI 2560, GW 6176). Sull’autore: M. Palma, Castiglione, Girolamo, in DBI, cit., vol. XXII 1979, pp. 91-92. [200] Viaggio a Gerusalemme, cit., pp. 28-29. L’anno in cui egli compì il pellegrinaggio non è esplicitato nel racconto e nemmeno l’identità del narratore. In entrambi i casi ci soccorrono indicazioni interne al testo, grazie alle quali è possibile giungere all’identificazione dell’autore con l’Ordinario Pietro Casola e a fissare la data del viaggio al 1494: Viaggio a Gerusalemme, cit., pp. 19-20, 30-31. L’anno può essere stabilito grazie alla menzione di due avvenimenti storici: la discesa di Carlo VIII in Italia e l’ascesa a nuovo duca di Milano di Ludovico il Moro. [201] Viaggio a Gerusalemme, cit., p. 78: «Lì vidi ben questo commendabile, zoé uno loco grande, longho et spatioso, unde sono reducti tuti li macellari con tanta monditia qual, vedendo sì mondo, mi dava gran piacere, abundantissimo de ogni generatione di carne. Me fece stupire dicto loco per non haverne mai veduto uno simile». [202] Ivi,
p. 81. [203] Ivi, pp. 36-37. [204] Ivi,
pp. 37, 84-91. [205] I destinatari dell’opera non sono noti. Benché egli dichiari esplicitamente di aver composto il suo diario dietro richiesa, sembra comunque pensare ad una schiera di lettori più vasta: ivi, pp. 32, 83-84. [206] Ivi,
pp. 43-45. [207] Oggi Simi, nell’omonima Baia a nord-ovest di Rodi: Newett, Canon Pietro, cit., cap. VIII. [208] Oggi Kherki: Viaggio a Gerusalemme, cit., p. 308. [209] Ivi,
p. 158. [210] Durante la visita al Monte degli Ulivi, dichiara (Viaggio a Gerusalemme, cit., p. 191): «Io non li meto se lì dicesse antiphone, né oratione, perché queli patri non le dicevano; solo dicevano in latino e in volgare que erano quili loghi e altre non se diceva. Ben gli erano dreto de molti itinerarii, e italiani e ultramontani, in volgare e in latino, che ne facevano menzione, como alias se dicevano antiphone e oratione appropriate a quili loghi se visitaveno. Io dirò quello non è stato in effecto; credo, benché la grande freza haveva quili frati a monstrarci quili loghi, facesseno interlassare qualche cosa de l’usato». [211] Ivi,
pp. 121, 131-32, 140-41, 168-71, 177, 236-37, 238. [212] Ivi, p. 32. [213] Ivi,
p. 110. [214] Ivi, pp. 7-9. [215] Ivi,
pp. 110 e 143. [216] Ivi, pp. 254-55. [217] Ivi, pp. 171. [218] Annotando che gli abitanti di Ragusa non possono tenere vino in casa, osserva: «Forse che quando se servasse questa constuma a Milano, non li sarebbeno tante podagre quante li sono et ad homini et a donne»: ivi, p. 131. [219] Ivi,
p. 94: «[...] solum dirò in genere
che la più abiecta parochia di Venezia è più ornata che la più forbita de
Milano». Ancora a p. 107 il Casola si sofferma sui paramenti indossati durante
la processione del Corpus Domini dai
religiosi veneziani, che andavano tutti «con ogni loro proforzo de paramenti,
belli e dico belli, ita che nui altri non li possiamo andare dreto; nam vidi
tal pluviale che haveva tra el frixo e lo capino tante perle, tanto grosse e
belle, ch’el me pariva valesse tuti li paramenti del paese nostro». [220] Ivi, pp. 26-27. [221] Ivi, p. 236: «[...] e lì fece una bella predica (era la penultima a quello santo homo) e li confortava la brigata a non havere tanta solicitudine cerca le cose del mondo, como pariva, se havesse. A lui faceva bono dire perché non li mancava, ma a molti chi odivano a chi manchava, non bastava el dire». [222] Ivi, pp. 276-77: «et era lì el prefato domino lo Vescovo el quale, al mio vedere, doveva esser stato poco in Corte di Roma a imperare (sic) cerimonie e gravitati episcopale, e, se pur le haveva imparate, poche ne usava; e basta». Vescovo di Brescia era in quegli anni Paolo Zane, morto nel 1531: C. eubel, Hierarchia catholica medii aevi, Monasterii, Typis Libr. Regénsbergianae, 19142, vol. II p. 111. [223] Ivi, p. 265: «Audita la missa andoromo a la giesia catedrale per odire la predica, la qual predica non era simile a quelle faceva el quondam domino fra Francesco Triulcio, le quale incitaveno l’homo al odire e questa incitava al rasonare et etiam al dormire». [224] Ivi, p. 272: «domino Jeronimo di Zorzi, alora per la signoria declarato oratore al Papa [...] prima me condusse a odire vespero a Sancto Georgio Mazore, el quale era tanto rincrescevole de odire, per el modo de l’offitiare di frati, che fu forza se levasseno». Girolamo Giorgi, figlio di Francesco, fu ambasciatore della Repubblica di Venezia a Costantinopoli dal 1475. Nel 1494 fu nominato ambasciatore ordinario di papa Alessandro VI e nel 1498 fu inviato, come oratore straordinario, a rendere omaggio al nuovo re di Francia Ludovico XII: ivi, pp. 334-35. [225] Ivi, pp. 13 e 100-102. |
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